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di LEO AMATO
POTENZA – «Abbiamo aspettato 17 anni, i funerali li faremo con la bella stagione all’aperto e comunque non in chiesa, se non sapremo la verità sul ritrovamento». Sta qui il conflitto interiore di una coscienza religiosa divisa tra la fede nella chiesa e l’anelito di verità perchè le ombre che ancora avvolgono la scoperta del corpo di Elisa vengano spazzate via una volta per tutte.
È passato un anno, ma il tempo sta per scadere. Gli investigatori della procura della Repubblica di Salerno restituiranno a breve quelle povere spoglie alla famiglia. Allora Filomena, la mamma che per anni ha chiesto solo di portare un fiore sulla tomba della figlia, potrà darle una degna sepoltura. Il padre Antonio uscirà di casa per accompagnare il feretro al cimitero. I processi andranno avanti, e ci vorrà ancora chissà quanto per vedere i colpevoli dietro le sbarre. Ma intanto Elisa potrà riposare in pace, e la città sarà uscita in strada per un ultimo commosso abbraccio ai testimoni di una tragedia che non ha lasciato nessuno indifferente.
Dopo i riscontri degli investigatori sulla presenza di tracce del profilo genetico di Danilo Restivo sulla maglia che indossava Elisa, il quadro indiziario a sostegno dell’accusa di omicidio, stupro e occultamento di cadavere si è rafforzato. Ma ci sono ancora almeno altri due filoni d’indagine aperti, puntati dritto verso le alte sfere.
Il primo è quello che riguarda chi ha aiutato Restivo a farla franca per tutto questo tempo, quasi 18 anni dal 12 settembre del 1993, quando Elisa, una ragazza appena sedicenne, è scomparsa quasi nel nulla. Le attività degli agenti di polizia che hanno operato nelle prime ore sono state caratterizzate da errori evidenti ammessi anche dal questore di Potenza, Romolo Panico. La chiesa della Trinità era il luogo dove Elisa aveva appuntamento con Danilo, un ragazzo “strano” a detta di tanti, che sentito due giorni dopo avrebbe raccontato di averla vista andare via. Venne creduto perchè un vicino di casa della ragazza disse di averla vista un paio d’ore dopo il loro appuntamento in una strada poco distante. E la perquisizione nella chiesa non venne approfondita più di tanto. Per il magistrato che si occupava delle indagini quando gli agenti sono andati a casa di Restivo per sequestrare i suoi abiti era troppo tardi, e si rischiava la copertura delle attività di intercettazione telefonica che erano già iniziate. Ma è chiaro che su quegli indumenti ci sarebbero potute essere tracce importanti.
Infine il ritrovamento. Possibile che un sacerdote e una donna delle pulizie trovino un corpo e non facciano niente? Forse hanno avuto riguardo per quell’eredità del passato ingombrante di una chiesa più vicina ai potenti che al poverelli?
Intenzioni perlopiù, perciò difficili da dimostrare, che potrebbero continuare a lacerare la coscienza di un’intera comunità all’infinito.

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