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SARANNO a Roma, il prossimo 18 ottobre, per parlare di petrolio direttamente con il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Anche questa volta si tratta di un’iniziativa completamente autonoma rispetto ai livelli istituzionali lucani, sia regionali che nazionali, che per l’ennesima occasione rimangono fuori dalle stanze romane in cui si discute di Basilicata. Saranno Cgil, Cisl e Uil, Confindustria e il cartello delle associazioni datoriali Pensiamo Basilicata a farse interpreti delle istanze della regione in fatto di estrazioni. 

L’hanno chiamata “vertenza petrolio”. Consapevoli del fatto che il futuro delle estrazioni lucane passa attraverso un nuovo e non più rinviabile approccio in fatto di programmazione. Oggetto del confronto saranno le proposte contenute nel documento “Vertenza petrolio: per la Basilicata”, presentato nel corso della recente festa della Cgil lucana. Proprio in quella occasione il ministro Zanonato, dal palco di piazza Don Bosco, aveva dato la sua disponibilità a spostare i temi del confronto agli uffici del ministero. E a qualche giorno dalla richiesta dell’incontro è seguita la convocazione. Le parti sociali chiedono,  in primo luogo, che il decreto attuativo dell’articolo 16 – che recepiva, l’anno scorso, i contenuti del Memorandum sottoscritto tra Regione e Ministero nel 2011 – venga modificato: rischia di trasformare le legittime aspettative lucane nell’ennesimo piatto di lenticchie. Prevede che una quota dell’extragettito fiscale versato dalle compagnie del petrolio allo Stato venga sì destinato alla Basilicata, per il finanziamento dei quattro assi (occupazione, infrastrutture, energia “pulita” e ambiente) che erano state individuate all’interno del Memorandum, ma in quantità di molto inferiori rispetto a quelle previste. 

Secondo il provvedimento ministeriale la previsione vale solo per le società di nuova costituzioni e soprattutto su nuove estrazioni. Il che allunga i tempi e ridimensiona sensibilmente le risorse destinate alla Basilicata. La proposta di sindacati, Confindustria e associazioni datoriali prevede invece che vengano ricompresi i 95 mila barili già previsti dai progetti di sviluppo e venga eliminato il tetto dei 50 milioni. La modifica del decreto attuativo – è la proposta delle parti sociali – dovrà essere accompagnata da una programmazione della concentrazione delle risorse su pochi e mirati interventi per welfare (a partire dall’istituzione di uno strumento di sostegno al reddito finalizzato all’inserimento/reinserimento lavorativo), lavoro e tutela ambientale. Le royalty dovranno essere esclude dal patto di stabilità, che oggi impedisce alle amministrazioni di poterle spendere. Anche il fondo attualmente destinato alla copertura della carta carburante dovrà essere riprogrammato in questa direzione. Ma, soprattutto, la richiesta inoltrata al Governo è quella di farsi promotore, insieme ai grandi player dell’energia e non solo (Finmeccanica, Enel)  di un piano per portare in Basilicata 4-5 mila posti di lavoro nei settori manifatturieri più avanzati (dalle bio plastiche alla farmaceutica, dai nuovi materiali, alle tecnologie per il risparmio energetico).

«Sosterremo le nostre ragioni – annunciano in un comunicato unitario – con tutti gli strumenti a disposizione, lottando se necessario, per rivendicare il giusto riconoscimento alla Basilicata, regione che responsabilmente da tanto al sistema Italia ricevendone però in cambio molto poco. Oggi le priorità si chiamano difesa del lavoro e del sistema produttivo locale e soprattutto creazione di nuova occupazione, sostegno alla ricerca e all’innovazione,  investimenti in coesione sociale».

Ma l’iniziativa di sindacati, Confindustria e associazioni datoriali ha una portata che va oltre quello che si legge nel documento predisposto e che verrà presentato a Zanonato. Come si diceva all’inizio si tratta un passo avanti compiuto in autonomia rispetto al livello politico istituzionale lucano, al momento impantanato altrove e sempre più distratto rispetto alle questioni concrete che riguardano i temi dello sviluppo lucano. E’ chiaro che lo stallo politico che si è venuto a determinare con la fine anticipata della legislatura ha reso la Basilicata più fragile. Del vuoto regionale lucano ha parlato anche lo storico e giornalista, Giuseppe Galasso, in un intervento pubblicato qualche giorno fa sul Corriere del Mezzogiorno, dal titolo “Il problema del Sud? le sue classi dirigenti”. Abbiamo dato notizia, qualche giorno fa, della lettera inviata dal governatore De Filippo al premier Letta e ai ministri competenti. Un documento con il quale il presidente ha bocciato il decreto attuativo, chiedendone una riformulazione o un’integrazione. Ma nel frattempo le parti sociali fanno un passo in più. 

Le risposte non solo le chiedono, ma vanno e prenderle direttamente a Roma. E non sono gli unici. Qualche giorno fa erano stati i sindaci di Lagonegro, Muro Lucano, Craco e Spinoso (che chiedono più royalty da distribuire a tutti comuni lucani) a recarsi nella capitale per incontrare il dirigente del dipartimento dell’Energia del Ministero,  Franco Terlizzese, il quale si è impegnato a portare le istanze degli amministratori sulla scrivania del ministro. Così come altrettanta autonoma è stata l’iniziativa di dieci comuni della Val d’Agri che, guidati dall’amministrazione di Viggiano, hanno contrattato la quantità aggiuntiva di gas estratto da Eni e Shell in cambio di una grossa quantità di gas gratis. La campagna elettorale che viaggia con enormi ritardi a causa dei disguidi interni ai partiti e alle coalizioni,  sembra non essersene neppure accorta.

m.labanca@luedi.it

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