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“L’AGRICOLTURA sociale: stato attuale e scenari futuri”. Questo il titodel seminario che si è tenuto all’interno delle antiche scuderie di Palazzo Fortunato a Rionero.
Organizzato dalla Pro loco e dall’associazione Arcadia con la collaborazione del Safe dell’Unibas, il convegno era inserito all’interno della manifestazione “Ellenico”.
Dopo il saluto del presidente della Pro loco Michele Verde e la relazione di Francesco Saverio Guerrieri, ha preso il via il dibattito coordinato da Paola D’Antonio del Safe Unibas.
Il primo intervento è toccato a Michele Catalano, dirigente dell’Alsia e responsabile dell’Azienda Pantano, che ha ricordato come l’agricoltura sociale «sia un servizio aggiuntivo che gli operatori danno alla comunità non solo attraverso la produzione di beni ma anche con le fattorie didattiche. Stiamo lavorando per dare il nostro contributo anche se l’approvazione della legge regionale sulla tematica sia ancora ferma al Dipartimento agricoltura. Le prospettive ci sono. Dobbiamo solo essere capaci di sfruttarne le opportunità». La parola è poi passata al consigliere dell’Ordine dottori Agronomi e forestali, Carmen D’Antonio, che ha sottolineato come: «l’agricoltura sociale dia un’accezione più ampia del settore agricolo sottolineandone la sua multifunzionalità perché l’agricoltura non è solo produzione di beni ma anche erogatore di servizi che possono assumere connotazioni sociali. Con questo tipo di agricoltura non avremmo solo un recupero paesaggistico ma anche di un tessuto sociale che si senta nobilitato dal lavoro».
Il microfono è poi passato a Vincenzo Martinelli dell’associazione “Insieme onlus” che oltre a menzionare le attività dell’associazione da lui rappresentata, ha spiegato come «da sempre l’agricoltura svolga un ruolo di integrazione sociale, un settore dove anche i soggetti svantaggiati hanno sempre trovato un’occupazione. Quello agricolo è un settore che può svolgere un doppio ruolo: quello del reinserimento e quello di inclusione sociale che tenga però lontano l’assistenzialismo solo così questi soggetti saranno realmente integrati nella società». A seguire l’intervento di Luisa Tammone delle Fattorie didattiche “Gerardicchio” che ha chiarito l’importanza delle fattorie didattiche e dell’impiego di soggetti svantaggiati «perché tenerli impegnati nel lavoro è un’enorme soddisfazione».
Tammone ha poi fatto accenno alla propria attività con «il recupero di terreni in passato messi in coltura e che erano stati abbandonati ma oggi nuovamente seminati per la produzione di grano da utilizzare come farina per i forni. È importante dare il proprio contributo sociale con l’unione delle nostre professioni per far capire ai giovani quanto sia importante salvaguardare le nostre tradizioni, il nostro dialetto e sensibilizzarli ad amare la nostra terra». Le conclusioni sono state affidate a Paola D’Antonio che ha rimarcato il «ruolo fondamentale che l’agricoltura sociale può estrinsecare sotto l’aspetto sociale e terapeutico. Le istituzioni stanno lavorando ma c’è ancora molto da fare. Un aspetto che è importante sottolineare è la formazione degli operatori e l’importanza della valorizzazione di questi territori perché non si può avere un futuro se non si recupera il buono prodotto in passato».

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