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POTENZA – “Our water, your Vita”. Se Michele fosse stato un pittelliano di stretta osservanza, le battute sul significato di quel “life” si sarebbero sprecate. A rileggerlo oggi risulta comunque profetico lo slogan scelto dalla Regione Basilicata per raccontarsi a Expo 2015, in ogni caso non c’era bisogno delle giornate a tema e dei convegni per dare corpo al dogma ripetuto anche dal neoeletto amministratore di Acquedotto Lucano: l’acqua è un asset più strategico del petrolio, risorsa al contrario destinata ad esaurirsi.
Nella nuova sfida di una Basilicata più liquida della società teorizzata da Zygmunt Bauman, l’oro nero passa – almeno per qualche giorno – in secondo piano. Come spesso accade quando di mezzo ci sono le nomine, il caso da tecnico diventa politico ma presto arriverà la fase in cui mettere da parte i personalismi e dedicarsi, ad esempio, ai punti critici del settore: morosità (ma il presidente uscente Rosa Gentile ha rivendicato un +20% di recupero crediti nell’ultimo triennio), perdite di una rete colabrodo e rischio idrogeologico.
Un titolo sulla prima pagina della Gazzetta di Basilicata dell’altro ieri, collocato in modo speculare proprio a quello sulle novità in Al, racconta la Basilicata bifronte: «Lauria, dopo vent’anni arriva l’acqua in due contrade», e dunque grande soddisfazione per il liquido finalmente potabile che sgorgherà dai rubinetti di 40 famiglie tra Castagnara e San Giuseppe.

“Una storia tutta lucana”, insomma, volendo parafrasare il sottotitolo del volume autocelebrativo di grande formato, patinato e full color che la società diede alle stampe nel 2012 in occasione dei primi 10 anni di attività — ovvero i “3650 giorni d’acqua” del titolo. Il Davide lucano che combatte contro il Golia pugliese (capitale sociale di 41,3 mln di euro contro i 454mila di Al all’atto fondativo, firmato il 30 luglio 2002 da 73 sindaci) «cercando di sottrarre l’acqua al controllo» della regione confinante nacque per «scommettere sulle proprie capacità e sulle proprie potenzialità, di avere un progetto, una strategia di sviluppo fondata su elementi forti, che non possono essere stimati sulla base del capitale sociale: risorse, identità, territorio»: non a caso, una triade che ritorna proprio nella mistica di Expo 2015 ma in realtà affonda le sue radici in un successo secolare se si pensa al primato dell’acqua lucana all’Expo 1908, con esperimenti di brandizzazione ante litteram per il territorio di Monticchio.
«Il Rapporto sull’industria idrica italiana dell’Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno definisce Acquedotto Lucano “un’eccellenza in Italia e nel Sud” per aver realizzato “un sistema omogeneo di gestione delle risorse idriche che offre la possibilità di ottimizzare gli investimenti e migliorare la qualità e l’efficienza del servizio ai cittadini”»: il giusto orgoglio sigillato nero su bianco anche nel ricordo e in onore di Egidio Nicola Mitidieri, presidente di Al da giugno 2005 a dicembre 2011 e scomparso prima della realizzazione del libro che egli stesso volle. Nell’introduzione intitolata significativamente “Il sogno”, si legge tra l’altro dei «450 milioni investiti per realizzare nuove reti e rimettere a nuovo quelle fatiscenti, con effetti diretti sull’economia: per la Banca d’Italia, è Acquedotto Lucano a trainare il settore edile in Basilicata. Per non parlare dell’indotto. Attraverso il valore aggiunto trasferito nella remunerazione ai 400 dipendenti e ai lavoratori dell’indotto locale, sono circa 1.200 le famiglie lucane che risentono positivamente della presenza del gestore del servizio idrico integrato». Le 180 pagine corredate da numeri (ne abbiamo selezionati alcuni per questa pagina) e iniziative divulgative nelle scuole con Pietro Mennea testimonial de “La staffetta dell’acqua” (2011), o campagne come “Buona questa” nei ristoranti, si chiudono con un’appendice fotografica con scatti di gruppo dei lavoratori, “Nomi e volti di una storia”.

Al netto delle questioni giudiziarie, restano i conti e le prospettive. Il bilancio consolidato al 31 dicembre 2014 parla di un risultato positivo di quasi 60mila euro. Le spese: fino a ieri i vertici della società costavano alle casse pubbliche circa 300mila euro, ma con le sforbiciate della spending review ci sarà “solo” (si fa per dire) un compenso lordo per l’amministratore di 100mila euro l’anno che unito alla soppressione di quelli dei consiglieri potrebbe portare alla riduzione delle spese a un terzo.
Il futuro si giocherà anche tutto sul tavolo di concertazione sulle tariffe e sul destino di Acqua Spa, per come argomentato dallo stesso presidente Marcello Pittella, che si è anche speso in una metafora a tema nel presentarsi come il nocchiero di una nave condotta «da un mare in tempesta ad acque più quiete». Non resta che aspettare con quale vento veleggerà la Basilicata.

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