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LAMEZIA TERME – «Sono stato io ad uccidere Amendola, chiedo perdono ai suoi familiari». Si è aperto con un colpo di scena stamattina il processo d’appello per l’efferato omicidio del giovane Roberto Amendola, ucciso e bruciato nella sua auto la sera del 13 novembre 2008. 

Aldo Notarianni, ritenuto il killer è condannato all’ergastolo in primo grado il 21 giugno del 2012 dalla Corte d’Assise di Catanzaro, in aula stamattina ha ammesso le sue responsabilità. Una confessione shock seguita dalla richiesta del procuratore generale di acquisire tutti i verbali di alcuni pentiti che avevano parlato dell’omicidio. L’udienza è stata poi rinviata al prossimo 20 giugno. Oltre ad Aldo Notarianni, ritenuto uno dei componenti della “cupola” del clan Giampà e condannato il 17 maggio scorso nel processo Medusa a 13 anni di carcere, per il delitto Amendola in primo grado è stato condannato all’ergastolo anche Domenico Giampà (che pare possa confessare anche lui così come ha fatto per un altro omicidio, quello del giovane Domenico Zagami del 14 agosto 2004 di cui Giampà ha confessato di essere stato il killer) mentre Aurelio Notarianni, fratello di Aldo, è stato assolto in primo grado. 

Aurelio Notarianni è ritenuto il killer di Amendola (ucciso in quanto sospettato di essere vicino ai Torcasio, clan avverso ai Giampà, e in quanto avrebbe deciso di compiere estorsioni da “cane sciolto) mentre Domenico Giampà avrebbe attirato la vittima sul luogo del delitto con la scusa di fargli acquistare una pistola da Aurelio Notarianni. I killer di Amendola erano stati incastrati dalle “cimici” piazzate dai carabinieri nell’auto di Amendola che avevano registrato le parole dei sicari. Le voci erano state riconosciute dai collaboratori di giustizia Rosanna Notarianni (sorella di Aldo e Aurelio) e dal marito Giuseppe Angotti. Anche i pentiti Angelo Torcasio e Battista Cosentino hanno parlato dell’efferato delitto.

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