X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

ALLE 20 e 03 di ieri Domenico Maida, da Perugia dove vive e insegna nelle scuole superiori, scriveva: «Sibari è viva!». Sì, è viva Sibari e ci sono quasi novecento firme arrivate per non lasciarla morire sotto al fango. Oggi si è chiusa la sottoscrizione su internet e nei prossimi giorni al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano verrà presentato l’elenco dei nomi che si è venuto a comporre in calce all’appello lanciato sulle colonne e sul sito web del Quotidiano da parte di un primo gruppo di intellettuali, ai quali poi si sono accodati altri uomini di cultura, appassionati di storia, studenti, cittadini indignati. Un’altra ondata di piena, arrivata a contrastare quella delle acque del fiume Crati, tracimate il 18 gennaio e piombate a trasformare l’area archeologica in un lago. E questa è un’ondata appassionata fatta di nomi e storie. Antonio Varano, ad esempio, è emigrato in Svizzera da Petrizzi, nel Catanzarese, a 14 anni. A 15 ha iniziato un apprendistato e dopo anni di studio ha ottenuto il certificato Federale Svizzero di capacità professionale come meccanico di precisione. Sibari, scrive, «purtroppo» non ha avuto occasione di visitarla mai, ma su Facebook gli è arrivata eco della situazione degli scavi e della sottoscrizione. E ha aderito d’istinto, «a difesa della nostra terra». 

E’ calabrese anche Nicola Lo Gullo che ha sottoscritto l’appello da Okinawa, in Giappone, dove ora vive e lavora all’Institute of Science and Technology, studiando modelli fisici per la simulazione di sistemi quantistici complessi. A giugno, tornando in vacanza nella sua Sartano ha fatto visita al parco archeologico e ne è rimasto affascinato. Ora ha scoperto della tragedia del fango dal sito del Quotidiano («è la home page del mio computer qui in Giappone», rivela) e ha inviato subito la mail per aggiungere la sua firma. Come lui, altre decine di calabresi sparsi nel mondo. Alcuni sono nomi noti: da Monaco di Baviera l’astrofisica Sandra Savaglio, che vide il suo volto sulla copertina del Time; da Firenze il regista Giancarlo Cauteruccio. Tanto per citarne due ma senza voler fare torto agli altri. Ma non ci sono solo uomini e donne di Calabria a chiedere, insieme ai 26 promotori, che le autorità intervengano «senza indugio per salvare le strutture antiche di un sito che è uno dei patrimoni culturali più importanti della Calabria, dell’Italia e di tutta l’umanità». Donata Fiorentin di Vicenza scrive: «Non sono mai stata in Calabria, ma aderisco all’appello sperando che non cada, come troppo spesso succede, nel limbo dell’indifferenza». 
Anche Donato Pascale non ha mai visitato Sibari, ma ad Aix en Provence, dove è emigrato da Satriano di Lucania e dove dirige una piccola azienda, ha ricevuto una mail di un’amica docente all’Università di Provenza che gli ha illustrato il caso. Laura Mainardi, invece, ha mandato la sua adesione anche per conto «di centinaia di persone che fanno parte della nostra associazione Hellenismo-Comunità Hellena Italiana, un gruppo che si occupa di studiare ed approfondire diversi aspetti del mondo Greco-Romano, dalla religione all’archeologia». Proprio nel nome della Magna Graecia, pure al di là dello Jonio si sentono parte della tragedia di Sibari: «Ho avuto la fortuna di avere studiato in Italia, a Bari, e quindi ho avuto modo di vivere per alcuni anni nella vostra meravigliosa terra che considero seconda patria» racconta Stelio Papakonstantinou che vive a Larissa, in Tessaglia, dove insegna italiano. Storie e sensibilità che si intrecciano al di là dei confini, «per fare fronte all’ennesimo disastro annunciato, che questa volta ha colpito un pezzo della nostra storia collettiva», come suggerisce nella sua mail Mauro Gramaccia, ricercatore agroalimentare di Todi. Un po’ anche perché «problemi di degrado dei beni archeologici, naturalistici, paesaggistici, artistici, architettonici esistono ovunque». E così Donata Retegno, biologa ora in pensione che ha scritto da Sarre, in provincia di Aosta, si sente idealmente vicina alla Calabria. Il caso glielo ha segnalato il figlio, poi ha letto le parole di Settis. E ha aggiunto anche lei il suo nome per non far morire Sibari.
Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE