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A suo tempo Roberto Speranza nella sua qualità di segretario del Pd lucano  pose il problema di elevare e nobilitare finalmente la politica regionale, dicendo che occorreva alzare l’asticella delle cose da fare.  Non era ancora scoppiata rimborsopoli, ma le incapacità della classe politica erano sotto gli occhi di tutti e duravano da lungo tempo, dunque il proposito era giustificato.

Purtroppo, come si vedrà fra un attimo, le vicende politiche successive hanno dimostrato che, non solo non si è portato in alto l’asticella, ma la si è addirittura tolta, consentendo ai politici di fare il proprio comodo, senza nemmeno fare lo sforzo di saltarla, dove era collocata prima e cioè molto in basso.

Le elezioni regionali anticipate, a seguito dell’atto unilaterale del presidente pro tempore, la nomina dello stesso a segretario del Pd lucano, propedeutica alla sua riconferma con un passaggio in “automatico” e dunque puramente formale in assemblea,in attesa di altra collocazione,  puntualmente avvenuta, l’accordo rigorosamente definito nelle segrete stanze del Palazzo sui futuri assetti nei vertici istituzionali, il commissariamento di fatto della Giunta regionale compiuto dalla famiglia Pittella, l’aggiramento della regola di tenere fuori gli inquisiti dalle candidature nelle varie istituzioni (Pd, Ente regione, ecc.) rappresentano gli atti più significativi di una classe dirigente che se ne infischia di seguire elementari regole di democrazia.

Sia chiaro: nessuna nuova sotto il sole. Nel lontano 1956 l’economista Anthony Downs, seguito successivamente da J. M. Buchanan ed altri esperti di scienze sociali, ci aveva spiegato che ogni operatore pubblico svolge non soltanto una funzione sociale, ma è motivato da obiettivi privati che spesso non coincidono, quando non contrastano decisamente, con la funzione primaria. Ciò è maggiormente vero, quando si fa politica non avendo alle spalle un mestiere spendibile sul mercato. Le vicende accennate in precedenza sono la dimostrazione plastica della teoria economica della democrazia di Downs.

Ci si è trovati di fronte a più puri che hanno epurato soltanto i peones della politica, se è vero che Marcello Pittella pur indagato nell’inchiesta sui rimborsi elettorali è stato candidato, sia alle primarie e sia alla presidenza della giunta e che De Filippo si é trovato nelle stesse condizioni, con l’aggravante di essere stato, e non solo oggettivamente, responsabile primario dello sfascio regionale da lui stesso denunciato.

Il vero scandalo non è rimborsopoli, ma la feroce lotta scatenata negli ultimi anni per pura conquista del potere e non giocata su visioni alternative di sviluppo. È l’aggiramento delle regole  democratiche che informa il Pd. Democrazia è osservanza di regole, rispetto di procedure non certo decisioni di palazzo, prospettate a cose fatte ad una base che non può fare altro che prenderne atto.  Un modo di operare questo, in cui si annida la mediocrità

Non voglio fare facile moralismo, né fare di ogni erba un fascio,  né indugiare in posizioni demagogiche, ma è indubbio, da un lato, che  i politici moltiplicano le loro carriere, i loro emolumenti, i loro privilegi e dall’altro, la disoccupazione e le disuguaglianze assumono dimensioni patologiche. C’è qualcosa che non funziona in queste due facce del sottosviluppo. Il “come” si ottiene consenso determina il “cosa fare” successivamente.    

 È di tutta evidenza che c’è un problema di classe dirigente che attraversa  i gangli vitali  della società e riguarda con dimensioni e pesi diversi il Paese, il Mezzogiorno, la Basilicata. In questa ottica mi sorge un dubbio atroce: vuoi vedere che solo la Basilicata ha una classe dirigente straordinaria e dunque immune dalla mediocrità generale?

I politici-burocrati lucani sono grandi programmatori delle proprie carriere, hanno visioni lunghe, sanno organizzare le proprie  truppe, sono consapevoli che la loro sopravvivenza dipende da visioni corte da praticare nella gestione della cosa pubblica.

Non si è mai capita seriamente la ragione dello scioglimento anticipato della consiglio regionale, se cioè si sia trattato di un semplice gioco di riposizionamenti potere o di ragioni risalenti al profondo malessere che attraversa la regione.

Nel secondo caso ci si sarebbe aspettato, in primo luogo, la rimozione della classe politica in atto per le  sue responsabilità oggettive e soggettive che sono ad un tempo morali, di capacità e competenze. Se è sempre viva e vegeta, è evidente che ha senso la prima ipotesi, cosa non certo consolante.

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