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POTENZA – L’ammirazione che Vito Riviello continua a suscitare (non solo) tra i potentini si sedimenta come i libri da cui lo vediamo sommerso nei tanti documentari che ne raccontano gli ultimi anni: ieri sera, la presentazione della ristampa per i tipi di Universo Sud di “53” – raccolta di poesie che l’intellettuale morto nel 2009 pubblicò esattamente 53 anni fa assieme a Beatrice Viggiani – è stata l’occasione per ricordarlo in tutta la sua multiforme vitalità. L’iniziativa organizzata da Universum Academy è partita con una chicca, il breve documentario “Intellettuali a Potenza” in cui Riviello descrive la città che già allora viveva nel «dissidio» tra un’edilizia «elefantiaca» e l’impianto medievale, il cemento e la campagna, il doppio registro sociologico nei rapporti umani che “Tuccino” analizzò mirabilmente anche in un saggio sulle cantine potentine che è la lettura spietata di un cambiamento in atto.

Da Tommaso Pedio a Giulio Stolfi a Rocco Falciano scorrono, tra i volti dei potentini di mezzo secolo fa intenti nella nobile arte dello struscio a via Pretoria, le delusioni di chi pensava di andarsene — e spesso lo fece. L’intellettuale che al passeggio preferisce l’isolamento nella torre d’avorio del proprio studio-eremo rimpiange di non esser nato a Roma o a Milano e teorizza un pessimismo non dettato dalle carenze nei trasporti e nell’industria ma dall’assenza di classe dirigente. L’audio non è dei migliori ma l’emozione è tanta, basterebbero le immagini per capire che poi non è cambiato molto, se non fosse per quella donna all’uncinetto col bimbo al parco mentre i mariti compulsano il Tempo formato lenzuolo. Il Due Torri, invece, sembra ripreso oggi. Uomini in abiti sartoriali e sigaretta in mano raccontano una piccola capitale culturale che proprio grazie alla libreria di Riviello irradiò un’energia intellettuale con pochi altri eguali nelle zone più profonde a sud di Napoli. In quell’antro, il libraio Vito declamava tra gli adepti e la mamma vendeva, sorride qualcuno. Leonardo Sinisgalli era di casa.

Nella sala che ospita tra gli altri Daniela Rampa, moglie di Riviello, e sua sorella Annamaria, la presidente di Universum Academy Novella Capoluongo lancia l’idea di un convegno nazionale da tenere in novembre con critici letterari e un dibattito sulla sua sconfinata produzione letteraria: oggi il fondo si trova alla Sapienza di Roma, e non sono pochi gli studenti che chiedono di fare tesi di laurea sul poeta nato a Potenza nel 1933.

Rilancia invece l’idea di un parco letterario Pietro Lacorazza: secondo il presidente del consiglio regionale la nomina di Matera Capitale della Cultura 2019 può essere una locomotiva da cui Potenza può farsi trainare, a patto di riuscire a riempire i propri vagoni di contenuti. Uno di questi, se non il più importante, dovrà ospitare proprio la figura di Riviello, riletta magari in un (da alcuni auspicato) superamento del levismo. È un fatto che Matera vanti 4 parchi letterari («solo due sono legali», chiosa Capoluongo) mentre Potenza nessuno.
Il sindaco Dario De Luca nota giustamente che «le riflessioni che abbiamo ascoltato in quel video del 1962 sono di un’attualità sconcertante, qualcuna parlava di “un insieme di persone sole” eppure quelle strade erano ben più frequentate di oggi». “Intellettuali a Potenza” è «un documento forte che scuote le nostre coscienze e ci chiama a riflettere in generale sulla questione meridionale» anche per il consigliere regionale Vito Santarsiero, ex sindaco che ricorda i tempi in cui la libreria di Riviello era un luogo d’incontro e cita icone come Scotellaro e Parrella che di quel cenacolo furono animatori indiscussi.

In un’intervista del 1987 si vede un Riviello in grande spolvero riflettere sulla difficoltà di vivere di poesia («Carmina non dant panem… ma nemmeno companatico e champagne»), poi decalama a modo suo un gustosissimo quadretto lirico sulla fenomenologia degli inquilini. Sono gli anni in cui si forma la caratura di un intellettuale che sarà apprezzato trasversalmente, da critici prestigiosi come Giulio Ferroni a volti tv come Vincenzo Mollica e Maurizio Costanzo.
Più recente l’intervista che un commosso Oreste Lo Pomo condivide, «non da giornalista ma da amico di Vito», con l’uditorio: è un dvd che gli fu recapitato quando Riviello era già morto, girato nel 2003 nella casa romana di via del Babbuino, «un’architrave di libri».
Per Daniela Rampa «Potenza è sempre stata una città umanistica». La donna che ha vissuto per 38 anni al fianco di Vito Riviello è felice che quella sconfinata libreria potrà adesso arricchirsi con questo libello accattivante già dalla grafica vintage e quel numero in corpo gigante ben visibile in copertina: da un festival La Luna e i Calanchi che il “paesologo” Franco Arminio dirige ad Aliano, la Rampa riporta l’idea di musicare i testi di Riviello letti da Ulderico Pesce e Rocco Papaleo (a farlo saranno proprio i figli di Arminio).
La Basilicata non dimentica: dal filmato che Alberto Riviello, fratello, ha presentato a Pisticci in una serata in tandem con Mariolina Venezia organizzata dalla Lucana Film Commission al documentario che il filmmaker lucano – per ironia della sorte “emigrato” proprio a Milano – sta preparando unendo le voci dei testimoni di quell’epoca, sono tante le iniziative che si spera confluiscano in un corpus organico e dalle possibilità divulgative. La Rampa cita anche un dattiloscritto Riviello-Viggiani, una prosa inedita custodita anch’essa nell’archivio dell’università romana.
Edoardo Angrisani e Leonardo Pisani sono andati fino in Campania per intervistare Beatrice Viggiani, «nata a Napoli per sbaglio: cosa mi piaceva di quella Potenza? La terra, la campagna e gli aviglianesi. La mia università è stata Avigliano. Nella libreria di Vito ho conosciuto un sacco di gente interessante». Le sue parole di amore-odio per Potenza fanno sorridere la platea: «E’ un paese (sic) bruttissimo, ma non posso essere oggettiva perché a me sembrava bellissimo. Napoli è il mio luogo di villeggiatura, sì, ma la mia patria e la mia famiglia è Potenza». Emerge la figura della poetessa che, in un sodalizio intellettuale con Riviello raro ai nostri giorni di invidie e protagonismi, frequentò Eco, Garcia Marquez e Sartre, e nel suo soggiorno sudamericano conobbe un giovane Ugo Chavez che di passaggio in Italia le telefonò a casa per salutarla. Nelle sue lettere rigorosamente scritte a mano, la Viggiani parla della città «post-colombiana» (dal senatore Emilio), «brutta» e dai «vicoli sofferti» in cui è stato celebrato il «matrimonio gay fra il terremoto e Colombo».
Parole di un’Alda Merini figlia di una Potenza quasi “beat”, come quei dialoghi che immaginiamo tra un giovane Aldo Agroppi calciatore rossoblù sovente di passaggio dalla libreria e un Vito Riviello pirotecnico dispensatore di parole così ironiche e assieme amare. Potentine, insomma.

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