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POTENZA – Una piaga sociale che, a dispetto dei freddi numeri, non mostra nessuna tendenza alla guarigione. Eppure, nonostante questo, il principale strumento che la Regione ha predisposto, dopo una lunga concertazione con le parti sociali, rimane nel cassetto. Ufficialmente, non ci sono risorse adeguate. Per la Cgil, però, la lotta al lavoro nero va considerata una priorità. Non può essere archiviata. Per il sindacato, trovare qualche centinaio di euro per finanziare il disegno di legge approvato ormai un anno fa dalla Giunta, ma che ancora non è arrivato in Consiglio, deve essere accompagnato da una precisa volontà politica. Anche perché la legge in questione potrebbe, nel tempo, autofinanziarsi da sola. Con l’emersione dei tributi fiscali locali e nazionali, oltre che favorire una qualificazione più generale del sistema produttivo. Ed è per questo che ieri mattina i tre segretari della Cgil, Vincenzo Iacovino, Anna Russelli e Giuliana Scarano ha tenuto una conferenza stampa in cui è stato presentato il nuovo rapporto sull’economia sommersa lucana. Una nuova iniziativa per sollecitare le istituzioni a procedere senza indugi.
Secondo le loro stime per il 2014, sono circa 50 mila i lavoratori non regolari. Dai dati si potrebbe leggere una diminuzione di 450 unità rispetto al 2011. Ma – precisano – i tre segretari, la lettura è diversa: il numero cala perché la crisi ha spazzato via anche una fetta di quelle realtà in cui il lavoro irregolare è prassi. Come testimonia l’incidenza in termini percentuali.
Secondo la Cgil, la crescita del lavoro irregolare si concentra soprattutto in determinati settori, come la ristorazione e il turismo. Inoltre, il dato lucano attesta la Basilicata al di sopra della media del Mezzogiorno: l’incidenza dei non regolari in Basilicata è del 23,5 per cento rispetto a una media per le regioni del Sud del 19,7 per cento. In Italia, più in generale, il valore economico del sommerso arriverebbe a «picchi» medi di 416 milioni di euro, rispetto ai 256 della Germania e ai 302 della Francia. Il valore economico minimo stimabile dell’economia sommersa – fa sapere sempre la Cgil – oscilla invece tra 1,2 e 1,6 miliardi di euro, con un’evasione fiscale tra i 399 e i 490 milioni.
I segretari hanno inoltre ricordato che per ogni euro sottratto al “sommerso”, circa il 50 per cento va poi nelle casse dello Stato e della Regione in termini di tassazione: anche per questo motivo, il sindacato ha sollecitato l’approvazione di una legge di contrasto al lavoro nero, secondo lo schema concertato con le stesse organizzazioni sindacali, «che in partenza richiede circa 500 mila euro, ma con effetti positivi per la stessa economia – hanno concluso i rappresentanti della Cgil – Bisogna reperire i fondi, ma si tratta di scegliere le priorità dell’agenda politica».

marlab
m.labanca@luedi.it

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