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«LA DOMANDA di fondo è: De Magistris da chi è stato usato per far esplodere contrasti personali all’interno del Palazzo di Giustizia di Potenza?»
Piervito Bardi (in foto), 65 anni (lui risponde: «Pochi»), avvocato, ha ereditato la toga del padre Francescantonio, deputato socialista nella V legislatura, esponente della lunga e prestigiosa scuola di giuristi del paese Emanuele Gianturco, Avigliano. Presidente della Camera penale della Basilicata dal 2000 al 2006. È un appassionato di pastori tedeschi, è stato il presidente
del Potenza calcio dal 2001 al 2004. Ha scritto di recente un romanzo con
molti spunti autobiografici, “La notte prima dell’alba”, che sta avendo un
discreto successo, tanto che la scorsa settimana è stato presentato in un
incontro dibattito sulla riforma della giustizia alla Camera dei deputati
dal segretario nazionale dell’Alleanza di centro, Francesco Pionati. Nella
saga delle “Toghe lucane” gli spetta in qualche modo il ruolo del convitato
di pietra.
«Ho appreso la presenza del mio nome – nell’ambito dell’inchiesta “Toghe
lucane” – tramite i mezzi di informazione avendo letto, come tanti, stralci
di dichiarazioni rese al titolare dell’inchiesta da varie persone, ma io
direttamente non sono mai stato interpellato da nessuno. Credo di poter
ipotizzare che il mio nome figuri poichè l’inizio, o il presunto inizio,
dello scontro all’interno degli uffici giudiziari potentini è stato
temporalmente collocato subito dopo l’esplosione dell’inchiesta “Iena 2” e
delle polemiche che ne seguirono, ivi compresa la diffusione del “libro
bianco sullo stato della giustizia in Basilicata” ad opera della Camera
Penale di Basilicata, di cui all’epoca ero il presidente».
È così. Ci sono state diverse riscritture della sua vicenda personale e
dell’arresto, che fa ancora molto discutere, nell’ambito di quell’inchiesta
con l’accusa di favoreggiamento nei confronti di un suo assistito, il boss
Renato Martorano. Che cosa resta e a che punto stiamo?
«Della mia vicenda personale nell’ambito di Iena 2 resta il ricorso
proposto per Cassazione contro la sentenza di appello che ha ritenuto la
sussistenza del favoreggiamento personale ad opera del difensore dopo che
il Tribunale di primo grado ed ancor prima il Tribunale del riesame e la
Corte di cassazione avevano annullato il provvedimento del gip per
insussistenza di indizi e della irrilevanza penale della condotta.
Dell’arresto non resta nulla giacchè, come detto, lo stesso fu radicalmente
annullato dal Riesame e confermato in Cassazione. “Rectius”: qualcosa
resta: tanta amarezza».
Ha mai fatto parte di un “club di avvocati”, un comitato
politico-affaristico o una cupola impegnata a spartirsi le risorse di
questa regione?
«Il giorno in cui alcuni avvocati si costituiranno in un “club” – magari
segreto – sarà un evento unico ed epocale giacchè la nostra categoria
professionale è fondamentalmente “allergica” ideologicamente ad ogni
“comunanza di interessi” essendo gli avvocati molto autonomi
professionalmente – fin troppo direi – ed obbiettivamente restii finanche
al concetto – ovviamente lecito – di associazione professionale figuriamoci
ai “club” con scopi non proprio leciti».
Sono le tesi alla base dell’inchiesta di Catanzaro che non ha avuto un
epilogo pacifico nonostante l’archiviazione.
«Quello che dalla lettura del provvedimento di archiviazione non si
comprende è che cosa abbia dato origine all’indagine correntemente detta
“Toghe Lucane”. È evidente che non può essere nato tutto dalla fantasia del
dottor De Magistris. Si può censurarlo sui metodi scelti per accertare i
fatti. Si veda la grande risonanza mediatica o gli atti di indagine finiti
sulle pagine dei giornali. O ancora i decreti di perquisizione abnormemente
motivati, che peraltro hanno fatto “scuola” e sono stati presto adottati ad
esempio dalla procura di Milano. Ma al dottor De Magistris non possono
essere addebitate censure sull’oggetto dell’indagine, che è risultato poi
privo di qualsivoglia riscontro anche solo indiziario. Come dicevo la
domanda di fondo è da chi è stato usato De Magistris».

Leo Amato

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