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GIOIA TAURO (Reggio Calabria) – Ha una figlia disabile, non vedente e costretta su una sedia a rotelle da una rara malattia, ma è stato trasferito dall’azienda per cui lavora, le Ferrovie della Calabria, dalla sede di Gioia Tauro, città in cui vive, a Catanzaro, distante circa 100 chilometri. È quanto lamenta A. L., 56 anni, che ha lanciato un appello alla stessa società ed alle istituzioni, locali e nazionali, affinchè il provvedimento sia revocato. 

«Da luglio 2012 – ha detto – sono stato trasferito a Catanzaro, ma non posso accettarlo. Mia figlia dipende da me in tutto. Sono io che la faccio mangiare, che la sposto dal letto alla carrozzina, che la porto fuori. È affetta da una malattia degenerativa che ha colpito anche il mio primo figlio, morto per questo alcuni anni fa e che oggi avrebbe 32 anni. Nessuno è stato in grado di diagnosticarla e gli esami genetici su me e mia moglie non hanno evidenziato alcunchè. Quando è nato mio figlio c’erano solo 12 casi del genere in Italia. È una malattia simile a quella che ha colpito alcuni bambini che si vogliono curare con le cellule staminali». Tra l’altro, ha aggiunto Luccisano, anche la moglie «è invalida, non lavora e non ha la patente, e mi padre ha un tumore. Questo trasferimento non colpisce me, ma tutta la mia famiglia». L’uomo lavora alle Ferrovie della Calabria, dal 1982 quando erano chiamate Ferrovie Calabro-Lucane, prima come meccanico al deposito pullman di Marina di Gioiosa Ionica e poi, dall’87, come manutentore delle automotrici dei treni nel deposito di Gioia Tauro. «Dopo la soppressione di alcune linee – racconta – i dipendenti di Gioia Tauro sono impiegati nella turnazione dei pullam sostitutivi, ma la struttura non è stata chiusa, per cui ci sono ancora colleghi che vi lavorano. In sei siamo stati trasferiti, ma io non posso andarmene. Ho fatto ricorso ma fino ad ora due giudici mi hanno dato torto, ma non ho intenzione di arrendermi e voglio andare fino in fondo. Ho scritto anche al Capo dello Stato, e mi ha risposto la sua segreteria, ed al Ministro della famiglia che ha invitato me e l’azienda a trovare un accordo. Ma dalla società non ho avuto risposte. Così come non mi hanno risposto altre autorità a cui ho scritto». 
«Adesso – spiega Luccisano – sono in congedo straordinario, ma sono stato costretto a farlo. Non posso andare a Catanzaro, nel modo più assoluto, starei fuori tutto il giorno senza poter assistere mia figlia. Oppure dovrei trovare un casa adatta a mia figlia, senza barriere architettoniche, trovare un nuovo terapista, nuove strutture di assistenza. Sarei penalizzato in tutto. Tra l’altro, con le nuove norme non mi posso neanche pensionare perchè non ho l’età. Ritengo di essere vittima di una grave ingiustizia e mi appello a tutti affinchè si possa trovare una soluzione al mio caso».
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