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MATERA – Sono stati diffusi dal Centro Studi di Confesercenti nazionale i dati relativi ai primi 8 mesi del 2015 sulle aperture e chiusure delle attività commerciali e purtroppo viene fuori un saldo negativo.
«Anche nella provincia di Matera, dai dati in nostro possesso – dichiara il presidente Francesco Lisurici – le chiusure sono maggiori delle aperture, con qualche differenza sul territorio a macchia di leopardo. Comparando ed analizzando cifre e situazioni locali, vengono fuori le prime riflessioni per esempio sulle aperture e chiusure dei pubblici esercizi (bar, ristoranti, eccetera) i cui numeri risultano più interessanti di quelli dei negozi di vendita al dettaglio, ragion per cui è facilmente attribuibile alla grande distribuzione aver contribuito, in primis, alla desertificazione della rete commerciale, visto che è marginale la sua azione devastante nel settore della somministrazione di alimenti e bevande. I suoi effetti negativi purtroppo sono più evidenti nei piccoli centri e nelle zone periferiche dei comuni più grandi, anche se il fenomeno delle saracinesche abbassate non risparmia oramai gli stessi centri commerciali».
Ma non solo, il presidente di Confesercenti va oltre. «Volendo ufficializzare i dati parziali in nostro possesso, nella città di Matera risulterebbero sfitti circa 600 locali (comprese le zone industriali ed i Paip). Per agevolare il ripopolamento di botteghe, Confesercenti ha proposto più volte a Regione Basilicata e Comuni, l’inserimento di meccanismi che possano evitare lo spopolamento delle attività commerciali attraverso il riconoscimento di incentivi e attraverso la costituzione dell’Albo delle botteghe storiche – sottolinea Lisurici -. Ben venga anche la proposta nella prossima legge di stabilità di un meccanismo “combinato” per riportare i negozi della città: una norma che permetta di introdurre canoni concordati e cedolare secca anche per gli affitti di locali commerciali. Un sistema già previsto per le locazioni abitative e che potrebbe essere declinato anche per il commercio attraverso un accordo tra proprietari immobiliari, rappresentanti delle imprese commerciali e amministrazioni territoriali competenti».
Cosa comporerebbe una nuova legge in merito? «In questo modo si favorirebbe, in un momento di ripartenza dell’economia, la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe. Si creerebbe anche valore per tutti i soggetti interessati: il proprietario dell’immobile godrebbe di un indubbio beneficio fiscale, le attività commerciali corrisponderebbero un canone ridotto. E per l’amministrazione comunale sarebbe un doppio investimento: sociale, con il ripopolamento delle aree oramai desertificate delle città che in molti casi risultano invivibili perchè buie e con scarsissima presenza di gente, e fiscale. Tutto questo – conclude Lisurici – rappresenta senz’altro un’ottima leva su cui agire per contribuire alla ripresa e al rilancio delle attività commerciali».

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