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REGGIO CALABRIA – «A noi preti ci dovrebbero autorizzare almeno una volta nella vita a mettere incinta una donna “per vedere l’effetto che fa”, senza sposarla, qualche prete e qualche vescovo lo ha fatto». Quando il capitano dei carabinieri Valerio Palmieri, ha letto in aula l’intercettazione di don Nuccio Cannizzaro, è calato il gelo. Il Presidente del Tribunale, Andrea Esposito, è rimasto di sasso. I pochi presenti all’udienza di martedì sera lo hanno visto cambiare colore. Il giudice, con non poco imbarazzo, dopo pochi interminabili secondi ha chiesto all’ufficiale dell’Arma di «andare avanti», soprassedendo sui dettagli. E Palmieri ha ripreso il suo racconto, a sua volta sollevato dalla richiesta, sollecitato dalle domande del pm Stefano Musolino su un altro versante. C’è quella frase nel fascicolo personale intestato a Cannizzaro Concetto Antonio, don Nuccio appunto. Ma c’è anche molto di più. Il cerimoniere del vescovo di Reggio Calabria è infatti imputato nel processo che mette assieme le inchieste dei pm Stefano Musolino e Sara Ombra, “Sistema” e “Raccordo” contro esponenti del clan Crucitti e non solo. Una storiaccia che vede invischiato il prete con l’accusa di aver dichiarato il falso in un procedimento penale contro la cosca per avvantaggiare il boss del quartiere Condera. Ed è in quel contesto che sono finite le intercettazioni di don Nuccio. Intercettazioni allegate al processo «al fine di delineare la personalità del religioso». Una rogna. Per tante ragioni. Intanto don Nuccio Cannizzaro è il parroco più noto della città della Stretto. Inoltre ricopre il ruolo di cerimoniere del vescovo Vittorio Mondello e di cappellano della Polizia Municipale. Personaggio pubblico dunque, anche per la sua vicinanza a diversi esponenti politici del centrodestra.
Don Nuccio per la verità non è mai stato uno che le manda a dire, ma quelli intercettati dalle microspie dei carabinieri sono giudizi pesanti. Ben oltre le righe.
Scrivono i carabinieri: «Continuano a parlare di preti in generale (il parroco e il suo interlocutore, tale Giovanni, ndr) che si comportano male o che fanno abusi, don Nuccio dice a Giovanni che sono cose vere, quindi fa particolare riferimento a qualcuno di loro conoscenza che non si comporta bene. Don Nuccio riferisce che questo religioso è diventato vescovo nonostante le porcate che ha fatto e che il vescovo non sa niente. E nessuno parla per paura. Gianni riferisce di essere a conoscenza di alcuni avvenimenti spiacevoli e Nuccio dice che le cose più gravi sono altre». E riferendosi allo stesso prelato dice: «E’ malato… capisci che è malato mentale, è malato … è pericoloso, farà danni, prima o dopo scoppierà qualche caso.. vedrai…». Qui persino i carabinieri che sintetizzano le intercettazioni non vanno oltre. Le parole registrate sulla Mercedes di don Nuccio restano, ma i militari si limitano a sottolineare soltanto che: «I due interlocutori continuano a raccontare alcune cattive azioni fatte da questa persona».
I Rapporti equivoci
I carabinieri del capitano Valerio Palmieri (all’epoca in servizio al Comando Provinciale di Reggio Calabria, oggi a Crotone) annotano tutto. E nella relazione finita agli atti del processo in corso davanti al tribunale presieduto dal giudice Andrea Esposito vengono riportate alcune circostanze che si prestano, solo in parte, a diverse interpretazioni. Don Nuccio Cannizzaro ha rapporti diretti con alcuni esponenti che lui stesso definisce boss. Dice infatti: «Io in parrocchia ho un sacco di mafiosi, però ho avuto dei successi per certi versi, c’è il figlio del capo boss, del boss del quartiere che ha ventuno anni, mi serve la messa, si fa la comunione ogni domenica e il padre lo ha contrastato in tutti i modi per non farlo venire. Tu devi obbedire a me, diglielo a tuo padre: mi ha detto Don Nuccio io devo ubbidire a lui e non a te, e questo l’ha subita sta cosa, ma non è un successo questo? Io glieli rubo uno a uno a lui, ha cinque figli, e gliene rubo l’ultimo… questa è la lotta alla mafia che io devo fare». Per i carabinieri con questa frase don Nuccio «individua Fortunato Lo Giudice, padre di Carmelo, come il boss del quartiere». Ma è poi vero che il presunto boss era davvero così arrabbiato contro il prete? Agli inquirenti suona strano visto che lo stesso Logiudice si era prodigato ad una raccolta fondi tra la gente per festeggiare l’anniversario del sacerdozio del parroco. E infatti racconta Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e teste del processo: «Anche io ho partecipato al versamento della quota per finanziare la festa dei 25 anni del sacerdozio di don Nuccio. Ho versato 100 euro e credo che complessivamente furono raccolti circa 20 mila euro. Vennero Fortunato Lo Giudice e Maviglia Francesco a chiedermi la quota».
E’ vero che il giovane Lo Giudice era molto presente in parrocchia. Per la chiesa faceva tutta una serie di piccoli lavori di manutenzione. Esistono in questo senso alcune decine di intercettazioni.
Il piazzale della Chiesa
Ma c’è dell’altro. In un’altra occasione appare ancora la figura di Fortunato Lo Giudice, indicato come boss del quartiere dal parroco.
Nel 2007, a ridosso delle elezioni comunali, don Nuccio fa pressione sul comune perchè venga abbattuta un casa adiacente alla sua chiesa per realizzare un piazzale più grande. La casa è di una proprietà di una signora che pare non abbia voglia di cedere all’esproprio a favore dell’opera. Don Nuccio ne parla con Dominique Surace, consigliere comunale uscente e candidato nuovamente alle amministrative che spera nel sostegno del prete. Il parroco parla con lui di un appuntamento da organizzare con la donna attraverso “compare Natino” (appunto Fortunato Lo Giudice) e contestualmente di fare altrettanto con il sindaco dell’epoca Giuseppe Scopelliti. L’obiettivo è quello di acquisire il manufatto grazie ad un esproprio per pubblica utilità. E per riuscirci c’è bisogno dell’ok della signora e della disponibilità del Comune. I due ipotizzano di tornare alla carica con Scopelliti atteso in visita a Condera, il momento è proficuo (viste le elezioni) e bisogna lavorare in fretta.
Suraci e Scopelliti
In questo contesto i carabinieri intercettano la telefonata tra il consigliere Dominique Suraci e il sindaco dell’epoca Giuseppe Scopelliti. Suraci, infatti, è intercettato in quanto indagato nei procedimenti “Raccordo” e “Sistema”, indagini per le quali sarà poi arrestato.
Così appuntano la chiamata gli uomini del Comando provinciale dell’Arma: «Suraci chiama Scopelliti e gli dice di essere stato a Condera da don Nuccio il quale buttava fuoco per la casa che doveva essere eliminata. Scopelliti dice che don Nuccio non deve rompere le palle e di saperlo. Suraci chiede al sindaco se si fa o no. Scopelliti replica dicendo: “Si dobbiamo buttare giù la casa così quando esce lui fa la predica e il Papa poi lo nomina cardinale”. Suraci gli chiede che tempi ci sono. Scopelliti gli dice di non preoccuparsi, aggiungendo che don Nuccio è amico suo ma ogni tanto scassa…Scopelliti riferisce che sono tre anni che la vuole e ne passeranno altri tre per farla perchè devono dire a una persona che devono distruggere casa sua per dare a don Nuccio la possibilità di avere una chiesa che diventa come San Pietro, che sia tutto con il viale alberato. Scopelliti dice a Suraci che ci stanno lavorando, quindi gli dice di non perdere tempo perchè don Nuccio non lo voterà, che se ne fotte di lui».
Il Prete e le intercettazioni
C’è un nodo fondamentale che riguarda le intercettazioni di don Nuccio Cannizzaro. Ed è il fatto che in una certa fase potrebbero non risultare genuine. Nel senso che il prete sa di essere intercettato e sa anche che c’è un’inchiesta che lo coinvolge. E’ consapevole del fatto che le sue telefonate sono ascoltate, ma forse non sa che alcune microspie gli sono state piazzate in auto. E lui stesso a parlarne con una donna invitandola a parlare di alcune cose solo di persona.
Scrivono i carabinieri: «Nuccio parla con una donna invitandola a mantenere un tono generico nelle conversazioni telefoniche evitando i particolari e che poi quando si vedono parlano. Nuccio dice che è tutto registrato che li sentono tutti. Nuccio dice che quando parla con lui si deve guardare sempre e di averglielo sempre detto».

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