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SAN FELE – C’era un silenzio quasi irreale ad accogliere i feretri di Vito, Maria Stella e  Luca e Chiara.

Due bare bianche e due di color marrone scuro.

Quasi a voler sottolineare la purezza e il candore di due vite strappate troppo presto all’affetto di parenti, amici e conoscenti.

La comunità di San Fele si è stretta attorno alle famiglie Tronnolone e Puntillo.

Un dolore composto e tragico allo stesso tempo, che cerca ancora una spiegazione di quanto accaduto sabato mattina nella villetta di contrada Difesa.

Il silenzio che ha accolto le bare nella villetta era rotto solo dal comprensibile pianto dei familiari.

Una sofferenza composta, racchiusa nel messaggio che zia Giustina, sorella di Maria Stella, ha voluto rivolgere per il tramite del parroco don Francesco, alle due comunità.

 Nelle poche righe ha ringraziato tutti dal parroco, alle suore, al vescovo fino alle autorità. «Vi ringraziamo – ha detto – e vi  vogliamo bene per quanto ci avete dimostrato». Infine il pensiero rivolto ai quattro familiari morti: «Ora siete i nostri angeli custodi».

Il vescovo Gianfranco Todisco nella sua omelia ha espresso tutta la sua «costernazione, il dolore e lo stupore per la tragica e violenta morte di un’intera famiglia causata dalla fragilità umana».

E ha aggiunto: «Non importa quali siano le motivazioni che abbiano spinto questo nostro fratello a compiere un gesto così folle. Nessuno è chiamato a giudicarlo se non il Padre buono e misericordioso, che sa leggere i drammi che spesso attanagliano il cuore dell’uomo».

Monsignor Todisco cita il vangelo per ribadire il concetto: «Ce lo insegna Gesù quando dice: “Non giudicate per non essere giudicati; perchè con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi”.  Per il vescovo in questi momenti bisogna farsi interpellare dalla Parola di Dio «capace di aprire uno spiraglio di luce» «luce che probabilmente Vito non ha intravisto e, spinto dalla disperazione, ha pensato che l’unica soluzione possibile era quella di porre fine non solo alla sua esistenza ma anche a quella dei suoi cari».

Da qui l’esortazione a non «lasciarsi prendere dalla disperazione» «nei momenti difficili della vita. Togliersi di mezzo – ha aggiunto – ponendo fine alla nostra esistenza non è la soluzione dei problemi. Non è nè togliersi un disturbo nè tantomeno un gesto di amore nei confronti di chi soffre».

A questo punto monsignor Todisco interpella i fedeli: «Su cosa stiamo costruendo la nostra casa sulla roccia o sulla sabbia?» «La tragica scomparsa di una famiglia di emigranti che, dopo tanti sacrifici, era riuscita finalmente a costruirsi una casa nuova nel paese di origine, dove ogni anno veniva a trascorrere un po’ di vacanza per non perdere il legame con la propria terra, interpella fortemente la realizzazione dei nostri progetti di vita». «E’ Cristo la nostra roccia – ha aggiunto – che non abbandona i suoi amici, neppure nei momenti bui».

Il vescovo ha ricordato la vita di don Vito Giannini, sacerdote morto qualche settimana fa a 37 anni come esempio da seguire in questo momento di sofferenza. «Don Vito – ha detto – non si è lasciato cogliere impreparato dalle “piogge torrenziali, dalla piena dei fiumi e dai forti venti” che si sono abbattuti su di lui» «E’ rimasto ancorato alla salda roccia che è Cristo».

Dopo il rito, i feretri della famiglia Tronnolone e Puntillo sono stati portati nel vicino cimitero. Un applauso di tutta la comunità sanfelese ha accompagnato le bare fino alle autovetture. Poi il corteo di familiari in un dignitoso silenzio, ha scortato le salme fin dentro il camposanto dove saranno tumulati uno accanto all’altro.

Un momento intimo e familiare a cui hanno partecipato solo i rappresentanti dei due comuni tra cui il sindaco di San Fele, Donato Sperduto e la collega di Lastra a Signa Angela Bagni.

Poi sul paese lucano è sceso il silenzio. Un silenzio “doloroso” di una comunità che si interroga ancora su un gesto – quello di Vito Tronnolone – che, al momento rimane avvolto nel mistero

g.rosa@luedi.it

 

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