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POTENZA – Saranno pure incarichi «fiduciari», ma chiamarli «domestici» forse sarebbe più onesto. Di fatto fintanto che a capo di Acquedotto lucano c’era un materano, perdipiù avvocato, come Vincenzo Santochirico, finivano tutti – o quasi – nella città dei Sassi. Ma non appena è diventato presidente il compianto Egidio Mitidieri, potentino d’adozione, sono migrati in massa verso il capoluogo. Perciò niente di strano se tra i beneficiari figurano anche il candidato sindaco di Pd e centrosinistra “ufficiale”, Luigi Petrone, il capogruppo uscente dei dem in consiglio, e quello degli amici dei Popolari Uniti. 

Ci sono anche le spese legali negli atti dell’inchiesta sulla multiutility lucana dell’acqua per cui il pm Francesco Basentini si accinge ad avanzare le sue prime richieste di rinvio a giudizio.

Il filone per cui rischiano di finire a processo il direttore Gerardo Marotta,  Acquedotto Lucano Gerardo Marotta, il direttore del personale Pasquale Ronga e gli ex consiglieri di amministrazione Mario Venezia, Antonio Anatrone, Domenico Amenta e Antonio Lauria riguarda alcune ipotesi di abuso d’ufficio. Al centro ci sono 11 contratti di lavoro “a chiamata diretta” stipulati tra il 2008 e il 2011, in barba alla norma che ha ripristinato l’obbligo di tenere regolari concorsi per le società che gestiscono un servizio pubblico e perdipiù a capitale interamente pubblico come in questo caso.

Tra i “chiamati” gli investigatori avevano riconosciuto la nipote dell’ex consigliere regionale Pd Erminio Restaino, quella dell’ex consigliere dei Popolari Uniti Gaetano Fierro, di un affine del consigliere comunale Pdl Antonio Imbesi più il coniuge di un dirigente della stessa società. Di qui l’idea che a governare la loro selezione siano state logiche politiche più che altro.

Stesso sospetto che sembra avere avvolto anche l’assegnazione dei contenziosi giudiziari più importanti, almeno fino all’istituzione dell’ufficio legale di Acquedotto spa, ad agosto del 2010. Ma va detto che a riguardo la legge riconosce il carattere «fiduciario» che implica l’affidamento di un mandato giudiziario. Perciò il pm non ha potuto che prendere atto della situazione, in quanto non sussiste nulla di penalmente rilevante. 

Dal 2004 al 2009 «i comensi più importanti» scovati dagli agenti della squadra mobile di Potenza ammontano a 980mila euro e rotti.

Al candidato sindaco Petrone risulta retribuito un solo incarico nel 2005 da 21mila euro. Se si pensa che è poco meno di quanto dichiarato in un anno da avvocati che oggi siedono in consiglio regionale si capisce che comunque non sono noccioline.

Un incarico da 10mila euro nel 2007 se l’è guadagnato anche per il capogruppo uscente del Pd in consiglio comunale Giampaolo Carretta. Mentre il capogruppo dei Popolari Uniti Sergio Potenza si è fermato a 5.900 nel 2004.

Altre cifre quelle riservate a un fedelissimo di Mitidieri come Domenico Ferrara che in totale è arrivato ad accumulare oltre 320mila euro di incarichi in 3 anni, e Donatello Genovese, che ne ha presi 4 per 130mila euro. 

Per loro due – stando a quanto scrivono gli investigatori che si sono occupati del caso – sarebbero continuate a piovere cause da Acquedotto anche dopo l’istituzione dell’ufficio legale. Ma forse è solo il prosieguo di vecchi contenziosi che visti i tempi della giustizia italiana potrebbero trascinarsi chissà per quanto tempo ancora. 

l.amato@luedi.it



In merito all’articolo e ai dati degli incarichi legali assegnati da Acquedotto lucano tra il 2004 e il 2009 l’avvocato Donatello Genovese ha voluto precisare alcune circostanze. In primis si tratta di importi lordi, perciò la somma incamerata corrisponde solo in parte a quella indicata. Quanto ai quattro incarichi da 130mila euro lordi riportati negli atti dell’inchiesta della procura di Potenza affianco al suo nome, Genovese spiega di averne ricevuti 5 nel periodo preso in considerazione ma per un ammontare complessivo, fiscalmente imponibile, che non supera i 67mila euro (81mila al lordo dell’Iva e del Cap). 

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