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Raccontare la vita (o le tre vite) di un uomo come don Marco Bisceglia non è stato certamente facile. Passato alla storia come il primo sacerdote ad aver celebrato delle nozze (finte) gay nella “tradizionalissima” Lucania, nessuno era riuscito (o nessuno ha voluto) raccogliere il materiale (effettivamente poco) che ruota attorno alla sua figura  e farne una biografia. Il primo merito che ha il libro di Rocco Pezzano “Troppo amore ti ucciderà” (EdiGrafema) è proprio questo: avere restituito alla memoria una vita che, pur nelle sue sfaccettature, ha fatto la “storia” – per molto tempo dimenticata – di un periodo. Gesuita, operaio, animatore della comunità del Sacro Cuore a Lavello, contestatore delle gerarchie ecclesiastiche, l’allontamento dalla Chiesa, l’esperienza nell’Arcigay, la malattia e il ritorno. Don Marco Bisceglia è stato tutto questo e molto di più e Pezzano, con il piglio del giornalismo di inchiesta, racconta la sua vita non solo servendosi delle fonti scritte (articoli di giornale, omelie o discorsi pubblici), immagini, ma anche attraverso il ricordo spesso “appassionato” di chi lo ha conosciuto da vicino. Ne esce fuori uno spaccato di un periodo storico con le sue certezze vacillanti, le sue inquietudini, l’anelito verso  libertà (volutamente senza articolo) che hanno fatto la storia dell’intero paese. Pezzano pur riconoscendo che la “la vita stessa di Bisceglia è un interrogativo” (pag. 193), attraverso un’ordinata ricerca delle fonti, cerca di comprenderne le più intime sfaccettature e darne una chiave  di interpretazione per il lettore. La scrittura è agile. Non semplicistica. Da giornalista navigato. Il racconto, in alcuni capitoli, è “partecipato”. Come se l’autore fosse lì, in quella chiesa, in quella manifestazione, in quel circolo a gridare le ragioni di una libertà: “emaciata” per colpa di qualcuno. E proprio verso quel “qualcuno” che è rappresentato in diverse parti del libro con “la Chiesa gerarchica”, che spesso Pezzano ha parole sferzanti e in sporadici casi – soprattutto nei confronti del vescovo Giuseppe Vairo – forse ingenerose. Ma quello della contestazione dei preti è un tema assai difficile da affrontare. E, pur nella sua “giusta distanza” da tutto ciò che è ecclesiale, l’autore riesce a tirarne fuori l’anima facendo emergere le inquietudini di quel tempo che attraversava la Chiesa. 
Il volume, pur nella complessità di una figura fragile e carismatica, orgogliosa e testarda, amata e odiata come don Marco, parla  di tre “vite”. La prima quella relativa all’esperienza del Sacro Cuore e della contestazione; la seconda quella dell’allontamento dalla Chiesa sfociata con l’esperienza romana, il coming out e la fondazione dell’Arcigay e la terza quella del ritorno in seno alla “Madre”. A fare da spartiacque tra la seconda e la terza è certamente la scoperta della sua malattia: l’Aids. Di queste tre “vite” l’autore  ne fa una ricerca continua verso la verità. Un anelito costante verso qualcosa o qualcuno dove l’amore ha il ruolo di protagonista. Amore per la verità, dunque. “La sua verità  beninteso – scrive Pezzano nell’introduzione – che non è detto che sia la verità”. E questa ricerca affannosa di don Marco, l’autore la descrive con il giusto “pathos” e una coinvolgente scrittura che ricalca, come una ballata rock, le fasi, a volte struggenti, della vita del sacerdote. 
Il libro  e tra quei volumi “necessari”. Non solo perché consegna alla memoria dei lucani – ma oserei dire – di tutti, la figura di un uomo la cui storia andava raccontata, ma perché lascia in chi lo legge una “scia” dalle interpretazioni molteplici. Una scia che parla di vita. Una scia che parla d’amore.

Raccontare la vita (o le tre vite) di un uomo come don Marco Bisceglia non è stato certamente facile. Passato alla storia come il primo sacerdote ad aver celebrato delle nozze (finte) gay nella “tradizionalissima” Lucania, nessuno era riuscito (o nessuno ha voluto) raccogliere il materiale (effettivamente poco) che ruota attorno alla sua figura  e farne una biografia. Il primo merito che ha il libro di Rocco Pezzano “Troppo amore ti ucciderà” (EdiGrafema) è proprio questo: avere restituito alla memoria una vita che, pur nelle sue sfaccettature, ha fatto la “storia” – per molto tempo dimenticata – di un periodo. Gesuita, operaio, animatore della comunità del Sacro Cuore a Lavello, contestatore delle gerarchie ecclesiastiche, l’allontamento dalla Chiesa, l’esperienza nell’Arcigay, la malattia e il ritorno. Don Marco Bisceglia è stato tutto questo e molto di più e Pezzano, con il piglio del giornalismo di inchiesta, racconta la sua vita non solo servendosi delle fonti scritte (articoli di giornale, omelie o discorsi pubblici), immagini, ma anche attraverso il ricordo spesso “appassionato” di chi lo ha conosciuto da vicino. Ne esce fuori uno spaccato di un periodo storico con le sue certezze vacillanti, le sue inquietudini, l’anelito verso  libertà (volutamente senza articolo) che hanno fatto la storia dell’intero paese. Pezzano pur riconoscendo che la “la vita stessa di Bisceglia è un interrogativo” (pag. 193), attraverso un’ordinata ricerca delle fonti, cerca di comprenderne le più intime sfaccettature e darne una chiave  di interpretazione per il lettore. La scrittura è agile. Non semplicistica. Da giornalista navigato. Il racconto, in alcuni capitoli, è “partecipato”. Come se l’autore fosse lì, in quella chiesa, in quella manifestazione, in quel circolo a gridare le ragioni di una libertà: “emaciata” per colpa di qualcuno. E proprio verso quel “qualcuno” che è rappresentato in diverse parti del libro con “la Chiesa gerarchica”, che spesso Pezzano ha parole sferzanti e in sporadici casi – soprattutto nei confronti del vescovo Giuseppe Vairo – forse ingenerose. Ma quello della contestazione dei preti è un tema assai difficile da affrontare. E, pur nella sua “giusta distanza” da tutto ciò che è ecclesiale, l’autore riesce a tirarne fuori l’anima facendo emergere le inquietudini di quel tempo che attraversava la Chiesa. Il volume, pur nella complessità di una figura fragile e carismatica, orgogliosa e testarda, amata e odiata come don Marco, parla  di tre “vite”. La prima quella relativa all’esperienza del Sacro Cuore e della contestazione; la seconda quella dell’allontamento dalla Chiesa sfociata con l’esperienza romana, il coming out e la fondazione dell’Arcigay e la terza quella del ritorno in seno alla “Madre”. A fare da spartiacque tra la seconda e la terza è certamente la scoperta della sua malattia: l’Aids. Di queste tre “vite” l’autore  ne fa una ricerca continua verso la verità. Un anelito costante verso qualcosa o qualcuno dove l’amore ha il ruolo di protagonista. Amore per la verità, dunque. “La sua verità  beninteso – scrive Pezzano nell’introduzione – che non è detto che sia la verità”. E questa ricerca affannosa di don Marco, l’autore la descrive con il giusto “pathos” e una coinvolgente scrittura che ricalca, come una ballata rock, le fasi, a volte struggenti, della vita del sacerdote. Il libro  e tra quei volumi “necessari”. Non solo perché consegna alla memoria dei lucani – ma oserei dire – di tutti, la figura di un uomo la cui storia andava raccontata, ma perché lascia in chi lo legge una “scia” dalle interpretazioni molteplici. Una scia che parla di vita. Una scia che parla d’amore.

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