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POTENZA – Secondo l’ex amico diventato il grande accusatore dell’avvocato Lapenna Don Pasquale Zuardi stava per celebrare il suo matrimonio. Ma non appena ha sentito il nome dell’avvocato lo ha messo alla porta. Eppure davanti agli investigatori il sacerdote ha negato tutto.

Sono tante le contraddizioni nelle dichiarazioni agli atti dell’inchiesta partita dalla denuncia del noto penalista potentino, che oggi si ritrova indagato per millantato credito e voto di scambio.

L’ex consigliere regionale di Forza Italia, fallito il tentativo di un secondo mandato alle elezioni di novembre, aveva raccontato di essersi indebitato per poco meno di un milione di euro perché era vittima di estorsione.

Aveva anche spiegato che parte di quei soldi, 45mila euro, li aveva presi in prestito dal vescovo di Potenza. Solo che nelle settimane successive il suo presunto aguzzino, il trentenne potentino Antonio Guglielmi, è stato sentito dagli investigatori, come pure il vescovo e don Pasquale Zuardi, che in quanto economo della diocesi è chi gli ha dato materialmente quel denato. Quindi la situazione si è capovolta e il pm Francesco Basentini ha chiesto l’archiviazione della denuncia per estorsione nei confronti di Gugliemi, considerandolo né più né meno di un «prestanome», e gli ha inviato soltanto un avviso di garanzia per voto di scambio, dato che ha ammesso di aver pilotato un pacchetto di preferenze sull’avvocato in cambio della promessa di denaro.

E i soldi? Subito dopo la denuncia di Lapenna Guglielmi aveva annusato che non tirava una buona aria e col suo legale, l’avvocato Maria Scavone, gli ha restituito gli immobili di cui risultava proprietario. Da allora sono in vendita e col ricavato l’ex consigliere regionale intende ripagare i suoi debiti. Una rogna in più ma meglio di niente, se dall’altra parte c’è un ricco imprenditore abituato ai tempi lunghi dei fornitori o peggio ancora della pubblica amministrazione, se non a vere e proprie insolvenze. Molto più imbarazzante, invece, la posizione della diocesi del capoluogo, trascinata in una storia a dir poco lontana dalla sua missione. A maggior ragione se si pensa che il denaro è stato prelevato dal fondo riservato ai poveri.

Questa potrebbe essere una spiegazione più che plausibile della rabbia di Don Pasquale descritta da Gugliemi durante il suo interrogatorio in procura. Un senso di vergogna che lo ha spinto addirittura a negare di averlo conosciuto e incontrato in tante occasioni. Perché è chiaro che non possono essere vere entrambe le cose. E i pm un’idea se la sono fatta se hanno considerato credibile Guglielmi praticamente in tutto e per tutto.

«Don Pasquale io vi devo chiedere una gentilezza. Mi voglio sposare in chiesa». Questo è quello che ha riferito l’estorsore-prestanome al pm Francesco Basentini. Al che il sacerdote si sarebbe congratulato con l’amico. «Però mo’ adesso viene Sergio Lapenna che si vuole mettere pure lui in mezzo». Queste sarebbero state le parole che l’hanno fatto scattare.

«Fuori! Non me lo devi nominare questa persona». Questa sarebbe stata la reazione dell’economo “tradito”, che ha detto solo di aver provato a contattare più volte Lapenna per avere indietro i soldi senza riuscirci.

Fatto sta che l’avvocato si sarebbe presentato comunque al suo cospetto e Guglielmi ha raccontato di aver assistito a uno scontro tra i due che il sacerdote ha negato con decisione.

«Arriva lui. Tutto rosso in faccia. Don Pasquale… Un cazziatone: tu mi devi… tu già sai che devi fare che non devi dare (…) Io poi il giorno dopo o dopo 2 giorni sono andato da Don Pasquale per scusarmi (…) “No, non me lo portare. Non me lo portare. Tu non sai quello che combina”».

Difficile dimenticare una cosa così. Anche per un uomo abituato ai segreti del confessionale.

l.amato@luedi.it

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