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Mario Draghi

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Tutto il Paese può consentirsi meno che di non averlo più né al Quirinale né a Palazzo Chigi. Non è una carta senza scadenze e, soprattutto, è la carta della credibilità dell’Italia nel mondo. Non è solo un tema di mercati ma di garanzia di permanenza dell’Italia in un gioco di squadra che determinerà la nuova Europa. La politica italiana abbia almeno l’intelligenza di capire che l’unità e la rappresentanza del Paese devono essere affidate nelle mani di chi per esperienza,  storia personale e credibilità può meglio tutelarlo e rilanciarlo e questo significa scegliere Mario Draghi. Se inspiegabilmente la politica dei partiti non riesce ad assumersi questa responsabilità si predisponga subito una soluzione di sistema alternativa rimettendo in campo Mattarella in caso estremo o Amato per il Quirinale con i partiti dell’unità nazionale che danno pubblicamente carta bianca a Draghi nell’azione  di governo per l’oggi e per il domani. Basta con il teatrino che prosegue anche dopo il passo indietro di Berlusconi

NON SCHERZATE con la carta Draghi. Tutto il Paese può consentirsi meno che di non averlo più né al Quirinale né a Palazzo Chigi e la china che si sta prendendo è esattamente questa. Non è una carta senza scadenze e, soprattutto, è la carta della credibilità dell’Italia nel mondo.

Non è solo un tema di mercati, è un tema di garanzia di permanenza dell’Italia in un gioco di squadra che determinerà la nuova Europa della solidarietà e, in termini geopolitici, di garanzia di un ruolo di coprotagonista nel gruppo europeo di guida dentro la nuova geografia del mondo con Europa e America da una parte e Russia e Cina dall’altra.

Avere salvato a suo tempo l’euro e, di conseguenza, l’Italia e la Spagna ed essere riuscito ora in poco più di dieci mesi – prima che ritornassero i tempi delle baruffe – a restituire all’Italia la dignità di un grande Paese fondatore con ritmi di crescita da locomotiva economica sono fatti con i quali i partiti e i loro capi devono fare i conti e, se avessero un minimo di intelligenza, rivendicarne in quota parte i risultati. Attenzione: non si può più scherzare con il tema del Quirinale, non si può continuare a bluffare perché non stiamo giocando a poker intorno al tavolo verde; ci stiamo misurando con una partita così seria che se va male non è che si rovina un giocatore ma si rovina un Paese.

Risparmiateci le lacrime di coccodrillo del dopo con la consueta, inevitabile domanda: e adesso che facciamo? Il teatrino è diventato dominante sul palcoscenico della politica, purtroppo.  Prosegue anche dopo il passo indietro di Berlusconi.  Siamo sconcertati. A volte abbiamo addirittura la sensazione di essere davanti a una specie di  giallo quiz dove tutti aspettano di vedere chi è l’assassino, ma bisogna invece che tutti ora si sveglino e si rendano conto che l’Italia non è un videogioco. Perché nessuno di questi protagonisti della politica dei partiti mostra con i suoi comportamenti di essere dentro la realtà e invece è assolutamente necessario che ci ritornino tutti con assoluta fretta. Si è perso da tempo il senso della realtà, lo si è perso nelle grandi cose come nelle piccole. 

Per cui anche se si deve nominare un rettore di una università troppe volte non si sceglie il rettore perché è quello che ha le qualità più adatte per governare il futuro, ma perché è quello che meglio garantisce il congelamento del presente e gli interessi dei professori elettori. Si è persa la  dimensione dell’interesse generale quasi che si possa andare avanti in un clima che ricorda quello della guerra fredda quando le grandi cose le decidevano gli Stati Uniti e l’Unione delle Repubbliche socialiste  sovietiche (URSS) e gli altri Paesi andavano avanti più o meno con il piccolo cabotaggio. Vorremmo ricordare a tutti che siamo nel nuovo ’29 mondiale, che non è una frase ad effetto, ma la pura realtà.  

Abbiamo vissuto due grandi crisi internazionali, quella finanziaria e quella dei debiti sovrani, che hanno prodotto all’Italia danni superiori a quelli di una terza guerra mondiale persa. Il nuovo ’29 è peggio perché questa volta a differenza delle due grandi crisi precedenti si è fermato tutto insieme il mondo intero, non parti del mondo. La ripresa di un mondo bloccato per un anno e con l’epidemia che muta ma non sparisce determina fenomeni inflazionistici e colli di bottiglia nella produzione di materie prime, accentua in modo naturale diseguaglianze e tensioni sociali, alla lunga allarga il fossato tra Paesi creditori e Paesi debitori. Il nuovo ’29 cambia la faccia della globalizzazione e impone competizioni tra sistemi globali dove la nazione Europa è il player con il quale le regioni italiane, francesi, tedesche e così via avranno o non avranno un futuro a seconda di quello che sapranno fare nei propri territori e di quello che riusciranno a costruire insieme sulla strada di un’Europa federale. Dalle emergenze gas e vaccini al completamento dell’Unione bancaria.  Dalla messa in comune dei debiti pubblici da Covid a una politica economica, estera e di difesa finalmente condivise e attrezzate unitariamente.

Questioni fortemente internazionali e, allo stesso tempo, estremamente domestiche perché cambiano la vita delle persone, delle nostre famiglie e dei nostri giovani. In questo quadro tanto complesso quanto reale la politica italiana abbia almeno l’intelligenza di capire che in momenti simili l’unità e la rappresentanza del Paese devono essere affidate nelle mani di chi per esperienza,  storia personale e credibilità può meglio tutelarlo e rilanciarlo in casa e fuori e questo significa scegliere con convinzione Mario Draghi e assicurare al Paese un periodo lungo di stabilità, di crescita e di rispetto internazionale. Se inspiegabilmente la politica dei partiti non riesce ad assumersi questa responsabilità si predisponga subito una soluzione di sistema alternativa rimettendo in campo Mattarella in caso estremo di cupio dissolvi o scegliendo Amato per il Quirinale con i partiti dell’unità nazionale che danno pubblicamente carta bianca a Draghi nell’azione di governo per l’oggi e per il domani. In questo caso devono sapere molto bene che oltre a dirlo dovranno anche farlo, anno elettorale o meno che sia.

Tutto il resto è rumorosa tristezza che diventa tragedia cupa quando dalle schermaglie quirinalizie si trasferisce alle schermaglie sulle delegazioni dei partiti nel governo. Parlando piccoli e grandi capi di partiti sempre di Draghi per conto di Draghi in un linguaggio fuori dal mondo e dalla realtà. Siate seri, per piacere! Non scherzate con la carta Draghi. Perché è l’ultima. 


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