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Una situazione gravissima quella in cui versa lo stato della depurazione in Calabria con depuratori vecchi e malandati, senza manutenzione o in stato di completo abbandono, allacci alla rete fognaria abusivi e scarichi che vanno direttamente nei fiumi fino al mare. Dei circa 700 impianti tra grandi medi e piccoli, sparsi in tutta la Calabria, la maggior parte non funziona o funziona male, con il risultato che oltre il 62% dei cittadini non è servito da un sistema efficiente di smaltimento dei reflui.
Nonostante le ripetute segnalazioni, i sequestri, i dieci anni di gestione straordinaria e centinaia di milioni di euro stanziati per mettere a norma impianti guasti o ripristinare quelli in stato di totale abbandono, la situazione è drammatica come è emerso dall’ultima edizione di Goletta Verde e la Calabria risulta sul podio delle regioni con il mare più inquinato insieme a Campania e Sicilia.
Il quadro sconfortante tracciato da Legambiente nel dossier ‘Acque nere’, presentato oggi a Catanzaro, fa emergere la grave carenza del sistema di depurazione in Calabria e a sollecitare interventi e proporre soluzioni prima che riesploda l’emergenza in piena stagione balneare. All’incontro che si è tenuto oggi presso il palazzo della provincia di Catanzaro, c’erano il vice presidente di Legambiente Sebastiano Venneri, l’assessore all’ambiente della provincia di Catanzaro Maurizio Vento, il direttore di Legambiente Calabria Francesco Falcone e Andrea Dominijanni, della segreteria regionale Legambiente Calabria. I dati degli ultimi 5 anni di attività ufficiali delle forze dell’ordine e dalla magistratura, raccolti da Legambiente, rivelano una condizione preoccupante e le storie delle indagini descrivono una realtà addirittura peggiore: manutenzione degli impianti inesistente, scarichi non allacciati perchè all’interno di lottizzazioni abusive senza rete fognaria, versamenti illegali di fanghi di lavorazione industriale nei corsi d’acqua.
Tra il 2006 e il 2010, i Carabinieri del Nucleo tutela ambiente, la Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato e le Capitanerie di porto hanno accertato ben 1.689 reati legati alla depurazione e agli scarichi illegali in mare e la provincia di Reggio Calabria con 694 infrazioni accertate (41% del totale) detiene il record regionale di reati.
Aolo nel 2010, le infrazioni rilevate sono state 358, quasi una al giorno e sono state denunciate, e in alcuni casi arrestate, 440 persone ed effettuati 224 sequestri di impianti. In provincia di Reggio Calabria, la Capitaneria di porto ha sottoposto a verifica 42 impianti, dei quali bel 14 sono risultati fuori uso. Negli altri sono state rilevate gravi carenze riferite a manutenzione, disinfezione, smaltimento dei fanghi post trattamento, sistemi di grigliatura. Ben 90 gli illeciti amministrativi e 20 le informative della Procura. Inefficienze e irregolarità pure sul fronte delle reti fognarie. Anche la Commissione europea interviene sulla questione depurazione deferendo 22 comuni calabresi per violazione della normativa CE (1991/271) sul trattamento delle acque reflue urbane. Un bilancio pesante, insomma, avvalorato anche dalle analisi campione di Goletta Verde che mettono in luce l’allarme alle foci dei fiumi e dei corsi d’acqua minori.

L’INTERVENTO DEL VICEPRESIDENTE DI LEGAMBIENTE, VENNERI
«I numeri dei sequestri e degli arresti – ha dichiarato Sebastiano Venneri, vicepresidente di Legambiente – rappresentano, purtroppo, solo la punta dell’iceberg o, se si preferisce, una goccia nel mare. In tutta la Regione, infatti, i casi di disprezzo per l’ambiente e per la salute collettiva sono molto più diffusi e ancora troppo tollerati. Una situazione che richiede un intervento immediato perchè a pochi mesi dalla stagione balneare la prospettiva dell’ennesima emergenza inquinamento è più che un presagio. Gli amministratori locali, gli organi competenti e la Regione – ha concluso Venneri – affrontino i problema in modo concreto e corale perchè in gioco c’è la salute dei calabresi e insieme il futuro del turismo in tutta la Calabria».
«Proponiamo anche – conclude il vicepresidente di Legambiente – la composizione di una task force regionale in grado di garantire il necessario supporto tecnico e amministrativo, coordinare le attività di controllo e verificare la programmazione degli investimenti».

IL DIRETTORE DI LEGAMBIENTE CALABRIA, FALCONE
«I dieci anni di commissariamento – ha dichiarato Francesco Falcone, direttore di Legambiente Calabria – hanno deresponsabilizzato gli amministratori locali e favorito gli appetiti di amministratori corrotti, criminalità organizzata e piccoli e grandi truffatori, che hanno reso il sistema di depurazione regionale un malaffare da 900 milioni di euro. Ogni estate i turisti tornano a denunciare il colore marrone del mare e gli insopportabili miasmi dei fiumi, trasformati in fogne a cielo aperto – ha aggiunto Falcone – ma i depuratori guasti, nonostante le segnalazioni dei cittadini e delle associazioni sono sempre lì, con gli stessi problemi e senza manutenzione. I sindaci abbiano il coraggio di raccogliere la sfida di riportare alla normalità il sistema idrico e di trattamento dei reflui calabrese e diventare protagonisti della rinascita del loro mare».

LA MALA DEPURAZIONE AL CENTRO DI VICENDE GIUDIZIARIE
Nel dossier Legambiente ricorda come la mala depurazione di Reggio Calabria e Crotone ma anche di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia sia finita al centro di molte vicende giudiziarie. La più nota è Poseidone, avviata nel 2005 dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, nel gennaio del 2010 è giunta al rinvio a giudizio di 39 persone, tra cui figurano molti nomi eccellenti della politica, per associazione a delinquere, concussione, falso ideologico, truffa e turbativa d’asta. Al centro dell’inchiesta la vicenda dell’impianto di Catanzaro Lido, che prevede il trattamento delle acque reflue di 105 mila abitanti. Ma il caso più preoccupante è quello del depuratore consortile nell’area industriale Ex Sir di Lamezia Terme, che tratta le acque di 120 mila abitanti ed è stato definito dal sindaco Gianni Speranza una «bomba ecologica»: da anni funziona a singhiozzo e quindi inquina. L’ultimo provvedimento di sequestro eseguito da Gdf e Noe risale al luglio del 2010, come sempre in estate, quando le acque oleose sono sotto gli occhi di tutti. Infine, a febbraio 2011 i carabinieri hanno messo i sigilli a 16 depuratori in 11 comuni della provincia di Catanzaro. I sindaci hanno ora trenta giorni di tempo per effettuare gli interventi necessari a fermare l’inquinamento. E ancora l’operazione Nettuno, della Procura di Paola che sempre a partire dalla metà degli anni 2000, si occupa dell’inquinamento sulla costa del Tirreno cosentino. E sullo stesso versante c’è quella di Vibo Valentia coordinata dal procuratore Mario Spagnuolo che, partendo dal grave stato d’inquinamento del fiume Mesima, alla fine 2010 mette i sigilli a numerosi impianti fuorilegge della provincia. «Per migliorare la qualità delle acque di balneazione del golfo di Squillace è prioritaria la costruzione del nuovo impianto di depurazione a Catanzaro Lido e dei 32 chilometri di fognatura al servizio del centro storico della città, oggi completamente sprovvisto» ha dichiarato Dominijanni di Legambiente Calabria. «Consideriamo questa vicenda – ha concluso Dominijanni – la vera sfida che il futuro sindaco della città dovrà affrontare e risolvere».

LEGAMBIENTE SI RIVOLGE AI SINDACI
Legambiente avanza ai Sindaci calabresi proposte specifiche per intervenire subito. Il piano d’interventi suggeriti dall’associazione prevede di: Adeguare il servizio di depurazione secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria, prevedendo impianti che abbiano almeno il trattamento secondario, ovvero oltre alla grigliatura anche il trattamento biologico per l’abbattimento dell’inquinamento organico degli scarichi, anche se l’unico sistema che garantisce una depurazione completa è quello terziario, in cui c’è una fase ulteriore di trattamento chimico con disinfezione finale. Separare le acque bianche dalle nere.
Oggi la gran parte dei comuni non lo fa e per questa ragione l’eccessiva portata che si verifica con le intense piogge arriva ai depuratori e manda in tilt il sistema, specialmente dove non esiste un limitatore di portata. Munire tutti gli impianti di disoleatore. Un sistema per la raccolta di oli e grassi che vengono trattenuti dal depuratore evitando che finiscano in mare, indispensabile soprattutto nei comuni costieri. Verificare l’idoneità delle ditte prima di concedere l’appalto perchè abbiano la professionalità necessaria a garantire il servizio Eliminare i costi elettrici dall’importo del contratto di gestione, per evitare che i gestori, per risparmiare facciano funzionare l’impianto a ore alterne. Controllare l’attività degli auto spurgo, che soprattutto d’estate quando il lavoro aumenta, scaricano anche in impianti già al limite della saturazione, rendendo ancora più critica la loro capacità di depurazione.

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