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NON hanno mai letto  “I ragazzi della via Pàl” di Molnar. In quel caso avrebbero imparato cos’è il senso del gruppo, l’onestà tra esseri umani, il profondo valore del rapporto fra ragazzi che Geréb e Nemecsek hanno rappresentato e che tante lacrime ha fatto versare ad un’intera generazione.

I fratelli,  autori dell’incendio alla ex centrale del latte, e i loro due coetanei che hanno fatto da “palo”  non  si sarebbero riconosciuti in nessuno dei personaggi descritti dall’autore ungherese, perchè è nella prevaricazione e nell’ostentazione di una forza fisica e morale  che hanno cercato di basare la loro presenza in un gruppo nato nei cortili delle palazzine di un quartiere popolare della città.

A quanto pare del romanzo di Molnar non c’è traccia nemmeno nella formazione di uno dei genitori dei quattro testimoni, 11enni anche loro, che durante l’interrogatorio del bambini in Questura lo ha punito con un ceffone perchè stava raccontando una vicenda che, in fondo, non lo riguardava.

Dobbiamo chiederci se Matera ha un sottobosco sociale ignorato dai più, sconosciuto ai servizi sociali, che si alimenta di disagio e famiglie in difficoltà?

E’ ancora meglio voltarsi dall’altra parte, limitarsi a fare il proprio dovere (magari insegnando loro cià che prevede il programma  ministeriale) senza chiedersi il perchè di alcuni comportamenti?

La realtà familiare materana è ancora quella che ci illudiamo di avere, all’insegna della solidarietà, dell’onestà  e del vicinato?

Il risultato delle indagini che hanno condotto alla soluzione del rebus di viale delle Nazioni Unite (e forse deluso chi sperava di poter addebitare le colpe alla fame di cemento dei palazzinari, ndr.) restituisce un’immagine della città che la avvicina a quella delle metropoli italiane ed europee in cui infanzia e adolescenza vivono lungo un filo rosso la impercettibile distanza che le separa. Una linea che sempre più spesso viene superata con buona pace di una società troppo impegnata a rincorrere altri valori.

E’ arrivato il momento di guardare oltre il proprio naso, di mettere nero su bianco ciò che è diventata Matera, affidando ad un censimento sociale il vero volto di una comunità che si è trasformata, anche in peggio, senza  nemmeno rendersene conto.

Scuola, medici di famiglia, parrocchie, istituzioni, devono indagare, scandagliare, estirpare i genii di un malessere che rischia di trasformarsi in fenomeno e di trasferirsi dalle quattro mura di casa alle aule di tribunale.

Ai genitori, agli insegnanti, ai parroci che incontrano i ragazzini il compito di spiegare loro che per divertirsi non è necessario un accendino.

 

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