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SERRA SAN BRUNO (VV) – Quasi un intero esecutivo comunale rischia il processo. È quello guidato dall’ex sindaco di Serra San Bruno, Raffaele Lo Iacono, nel caso relativo ad alcune determine, approvate dal consiglio comunale nel maggio del 2010, aventi ad oggetto il passaggio di alcuni beni dell’Ente alla fondazione “Monsignor Biagio Pisani”. 

Il pm Michele Sirgiovanni, titolare dell’indagine che ipotizza per l’ex amministratore locale, unitamente ai consiglieri Maria Abronzino, Luigi Calabretta, Leonardo Calabretta, Antonio Procopio, Salvatore Amato, Francesco Bonazza, Vincenzo Damiani, Biagio Vavalà e Giuseppe Raffele, il reato di abuso d’ufficio, ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per tutti con l’udienza preliminare fissata davanti al gup di Vibo il prossimo 4 novembre. Secondo l’accusa, attraverso quelle delibere si erano dati in concessione al sodalizio, in comodato d’uso gratuito, terreni e fabbricati di proprietà del Comune ubicati in un ex vivaio forestale. In più, allo stesso, sarebbe stato ceduta la gestione delle aree attrezzate che circondano il Santuario di Santa Maria del Bosco a poca distanza dalla Certosa. Tra questi figura anche un parcheggio a pagamento.

Ai consiglieri che espressero parere favorevole all’approvazione di quell’atto – condotta che non si contesta a Lo Iacono, che in questo caso non era presente – il pm Sirgiovanni contesta di aver di procurato un vantaggio all’ex primo cittadino, mentre quelli che erano anche in giunta sono accusati di aver approvato una delibera con cui si concedevano fondi al sodalizio in assenza del relativo parere contabile. 

Ad un funzionario del palazzo municipale serrese è infine contestata una determina con cui sarebbero stata trasferiti cinquemila euro a beneficio della Fondazione che, secondo le intenzioni espresse a suo tempo da Lo Iacono (il quale nell’autunno del 2010 aveva presentato le dimissioni da presidente, poi respinte dal consiglio), doveva essere un centro studi «per la tutela, la promozione e la valorizzazione della spiritualità e biodiversità nelle Serre Calabre», mentre a parere dell’opposizione dell’epoca si trattava di una sorta di «holding» attraverso cui l’ex primo cittadino avrebbe gestito beni del Comune anche quando non avrebbe più ricoperto l’incarico di amministratore.

Il centrodestra, all’epoca, e al termine di un infuocato consiglio comunale che aveva visto l’abbandono polemico dell’aula del vicesindaco Raffaele Masciari e dei consiglieri di maggioranza Lucia Rachiele e Domenico Tassone – i quali non avevano votato il documento – presentò un esposto a Prefettura, e successivamente interessò anche la Procura della Repubblica di Vibo nonché la Corte dei Conti, specificando che per l’approvazione delle delibere fu decisiva, ai fini del raggiungimento del numero legale, la presenza di Lo Iacono in aula, circostanza, questa, che ha indotto il pubblico ministero a formulare l’accusa di abuso d’ufficio alla luce di un presunto conflitto d’interessi dell’ex sindaco (per come previsto dall’articolo 78 del testo unico degli enti locali).

Nel collegio di difesa figurano tra gli altri gli avvocati Maurizio Albanese, Michele Ciconte e Domenico Scrivo.

 

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