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PER IL SINDACO DI MELFI si tratta di: “un provvedimento ingiusto – spiega il primo cittadino, Livio Valvano – che rappresenta per la Basilicata e la sua area nord un colpo sociale importante. Il Vulture melfese non meritava e non merita di perdere il suo tribunale. C’è’ in Basilicata una condizione infrastrutturale, tra strade e ferrovie, che richiede la presenza del tribunale su questo territorio. Se avessimo strade e ferrovie della regione, Lombardia o della vicina Puglia non avremmo titolo a lamentarci. Se non ci fosse stata la beffa di Lagonegro non ci saremmo lamentati. Il provvedimento segna una incredibile compressione della democrazia in Italia considerato che un potere dello Stato, la magistratura, impone a Governo e Parlamento una scelta che tutti dicono di non condividere”. 

Sulle accuse di eventuali baratti: ” le giudico strumentali – aggiunge il sindaco, Valvano – e promosse da esponenti politici che non hanno argomenti se non la diffamazione. Non sarò candidato ne’ nella lista socialista ne’ nel listino alle prossime elezioni regionali. Voglio portare a termine l’impegno preso come amministratore di questa città. È bene che la gente stia vicino e comprenda il sopruso che stiamo per subire e quindi dobbiamo esserci anche in caso di definitiva sconfitta. Ci sarà il tempo per cercare di recuperare e per dibattere sulle responsabilità. Questa e’ una polemica che al momento resta del tutto inopportuna e strumentale perché disperde le forze, disunisce anziché unire”. 

Stamane all’alba potrebbero arrivare i camion per il trasferimento dei faldoni da trasportare presso il tribunale di Potenza ma cittadini, comitato Difendiamo il tribunale, associazioni ed amministratori non resteranno passivi. “Con i sindaci del Vulture – conclude Livio Valvano – appoggeremo il corteo che pacificamente non vuole il trasferimento dei fascicoli. L’ingiustizia del provvedimento giustifica qualunque forma di protesta pacifica”. Intanto alle 20 di ieri sera erano state superate abbondantemente le duemila tessere elettorali che la gente continuava spontaneamente a consegnare in piazza, Federico II.

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