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ESISTE una rete di compagnie teatrali professionali in Basilicata denominata #reteteatro41 che mette a sistema cinque realtà attive in quattro diverse aree regionali: Abito in Scena e Gommalacca Teatro a Potenza, IAC Centro Arti Integrate a Matera, Compagnia de L’Albero a Melfi, Compagnia Petra a Satriano di Lucania.

Tutte le compagnie si occupano di produzione e audience development (processi strategici per l’allargamento e diversificazione del pubblico) attraverso spettacoli, progettualità in ambiti specifici, come la disabilità e il carcere, e la formazione dedicata a chi si appassiona ai temi del teatro o vuole approfondire la conoscenza delle tecniche per intraprendere questa strada.
Essere una compagnia di teatro professionale significa essere imprese, costruttrici di futuri, anche professionali.

Agli inizi di aprile tre di queste compagnie – Abito in Scena, Gommalacca Teatro e L’Albero – hanno presentato insieme, come #reteteatro41, regolare richiesta di utilizzo del teatro “Francesco Stabile” e portare così in scena dall’11 al 26 giugno 2015 più di cento persone, bambini, ragazzi, disabili nei lavori finali, spettacoli che sono il risultato dei processi di studio del teatro classico e contemporaneo che gli allievi affrontano nei laboratori.

Raccontato così il processo fila ed è virtuoso. Peccato che l’ufficio Cultura del Comune di Potenza, nonostante la richiesta fosse stata protocollata e firmata dal sindaco e inoltrata allo stesso il 16 aprile, per un “errore umano” (questa la spiegazione) ha dimenticato di segnare in calendario ben dieci date programmate dalle compagnie.

Per le compagnie questo significa dover agire su una macchina avviata, con famiglie coinvolte, calendari bloccati, contratti con i service firmati, servizi già pagati.
Le compagnie si sono accorte casualmente che in tre di quelle date lo Stabile era già impegnato per altra rappresentazione.

Nonostante la disponibilità mostrata dalla rete nel riorganizzare alcuni appuntamenti, è stata eliminata di fatto la possibilità per Abito in Scena di portare sul palco del “Francesco Stabile” gli esiti del proprio laboratorio. Gommalacca Teatro e L’Albero hanno dovuto invece rinunciare alle prove. 

In quei giorni si è persino verificato l’accavallamento di due appuntamenti (convegni, non spettacoli) sul palco del teatro. A pagare, in questo modo, sono le compagnie che devono ritarare gli orari delle prove e dei montaggi tecnici. E le famiglie, e i ragazzi, e i professionisti che nell’indotto del teatro lavorano.

La gravità di questi fatti, purtroppo, non è stata compresa da chi dovrebbe gestire i luoghi e l’offerta culturale della città capoluogo di regione.

L’aspetto più irritante di questa vicenda sta nell’atteggiamento arrogante e non comprensivo delle necessità delle compagnie professioniste da parte dell’ufficio Cultura. 
Basti comprendere la scoperta fatta rispetto all’iter burocratico che deve affrontare chiunque voglia usufruire del teatro: esiste un iter per cui i cittadini “normali” devono prenotare protocollando la domanda, e c’è un iter “parallelo” per cui gli assessori e i dirigenti possono prenotare internamente senza seguire le procedure. 
Tra le conseguenze, appunto, accavallamenti di date, disagi e danni per chi con il teatro lavora.

Il teatro è di chi produce il teatro, è dei cittadini che vogliono viverlo come amplificatore di una condizione di miglioramento e diversità. 

Dal teatro in questo momento drammatico della città bisognerebbe poter ripartire. Il teatro ha una funzione sociale di luogo che aggrega e costruisce cittadinanza. 
Quel teatro ha bisogno di una progettazione futura, il teatro “Francesco Stabile” ha bisogno di essere così forte da attrarre nuove economie ed energie e tutto ciò può succedere solo se si parte da un progetto serio, ampio, alto e di respiro europeo. Che diventi un ponte per tutto quello che sarà teatro della Basilicata del 2019.

L’intera rete di compagnie mette a disposizione della città le proprie competenze, le proprie relazioni con soggetti nazionali e internazionali per immaginare futuri nuovi, che non abbiano niente a che vedere con le alzate di voce o con “giochi di potere”. Davvero, non ne abbiamo bisogno. Del teatro invece sì.

Nota firmata dalle compagnie
che aderiscono a #reteteatro41

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