X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

POTENZA – Sono terminate ieri pomeriggio le operazioni disposte dai pm Laura Triassi e Francesco Basentini nell’area attorno al Centro oli di Viggiano.

I carabinieri del Noe, e il nuovo consulente incaricato dalla procura di Potenza, hanno prelevato campioni di terreno, fino a una cinquantina di centimetri di profondità.

L’obiettivo è verificare la presenza, o meno, di depositi delle emissioni di gas tossici prodotte dall’impianto dell’Eni. Quindi «gli effetti dannosi per l’ambiente e/o per la salute umana eventualmente causati».

Per gli esiti delle analisi occorreranno mesi. Poi andranno confrontati con quelle di altre matrici ambientali e dei dati sanitari dei lavoratori che gli gravitano attorno al Centro oli.

In tutto si parla di oltre 5mila nominativi di persone potenzialmente “esposte” agli inquinanti immessi in atmosfera. Quindi non sarà un lavoro da poco.

L’inchiesta sul Centro oli Val d’Agri era venuta alla luce a febbraio dell’anno scorso con un primo “blitz” dell’Antimafia all’interno dell’impianto, per campionare i reflui di produzione in uscita.

Da allora l’ipotesi di reato indicata resta quella del «traffico di rifiuti», che ruota attorno al tema della corretta qualificazione dei reflui.

In parole povere si tratta della componente acquosa separata dal greggio destinato alla raffineria, più tutte le sostanze utilizzate per estrarlo e prepararlo al pompaggio nell’oleodotto in direzione Taranto.

Dalla qualificazione del rifiuto prodotto dipende anche il tipo di trattamento da adottare per smaltirlo correttamente. E il sospetto degli investigatori del Noe dei carabinieri è che per anni non sia stato fatto nella maniera giusta, trascurando la presenza di elementi tossici ed esponendo al rischio di contaminazione non solo i lavoratori dell’impianto di smaltimento, ma anche l’ambiente dove al termine del trattamento vengono sversate le acque “ripulite”.

Per questo motivo gli accertamenti hanno ripercorso la filiera petrolifera lucana fino al depuratore di Tecnoparco, nell’area industriale di Pisticci. Quindi in giro per l’Italia, attraverso impianti simili in Puglia, Calabria e Marche, dove i reflui hanno cominciato ad arrivare quando Tecnoparco ha deciso di fermare e poi ridurre sensibilmente le sue lavorazioni.

Tra i quesiti sottoposti al superconsulente si parlava anche delle autorizzazioni concesse al Centro oli di Viggiano dalla Regione Basilicata. Un doppio via libera, per essere precisi, dato che nel giro di 3 mesi la Regione ha concesso prima l’autorizzazione integrata ambientale al Centro oli, e poi l’ok al suo ampliamento con la realizzazione di una quinta linea capace di aumentare la produzione di greggio in maniera più che notevole.

Oltre a quello sulla gestione dei reflui di produzione i pm diretti dal procuratore Luigi Gay hanno aperto subito anche un altro filone d’indagine sulle emissioni prodotte dalla fiaccola e dalle ciminiere dell’impianto. Di qui un secondo blitz dei carabinieri del Noe per acquisire tutti i dati a disposizione delle centraline dell’Eni che monitorizzano in continuo quanto viene emesso in atmosfera: sia il dato “grezzo”, sia quello certificato dalla Ecb di Potenza, che in caso di superamento delle soglie autorizzate andrebbe auto-denunciato da Eni. Cosa che si sospetta non sia sempre avvenuta.

Questo il lavoro condotto finora degli inquirenti, a cui la compagnia di San Donato ha replicato dicendosi «convinta di avere sempre condotto le proprie operazioni secondo canoni di eccellenza e nell’assoluto rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei lavoratori».

Eni ha dichiarato di essersi affidata e di affidarsi «con assoluta serenità all’operato della magistratura e alle sue decisioni». Quindi spiega che «nell’ambito di questo profondo rispetto (…)  sta collaborando con gli organi inquirenti con assoluta umiltà, trasparenza, correttezza e serietà». Con «la convinzione che l’attività di controllo e di verifica si svolga con assoluta serenità da parte di chi ha in carico tale responsabilità».

l.amato@luedi.it

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE