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CHE TIPO di dinamiche e quali profili assumono il fare cultura e l’essere solidali in una contemporaneità di stampo capitalistico che manifesta così elevati livelli di frammentazione e logiche iperconsumiste in avanzato stato di crisi?

In un arcipelago così frastagliato e incapace di connessioni permanenti quale quello della nostra contemporaneità, come è possibile immaginare convergenze, cammini condivisi tra il fare cultura e il fare solidarietà?

Intorno a queste due domande proveremo a ipotizzare un percorso che smontando alcuni pezzi e ricomponendoli successivamente, sia premessa per avanzare proposte e delineare scenari.

La nostra contemporaneità è letteralmente invasa da una sovrabbondanza di proposte culturali.

Dal cinema alla letteratura, dai parchi a tema alle uscite discografiche, mai nella storia dell’uomo si era assistito a una tale e vertiginosa pioggia di offerte di ogni tipo.  A partire da questo presupposto, Gilles Lipovetsky nel suo libro “La cultura-mondo. Risposta a una società disorientata” sostiene che sono almeno tre le caratteristiche del fare cultura contemporaneo.

In primo luogo si è manifestata una irresistibile mutazione che ha determinato la mercificazione della cultura e il farsi cultura della merce. In virtù di uno sviluppo incredibile della dimensione economica della cultura, la cultura stessa è diventata territorio colonizzato dell’ordine commerciale.

La cultura è diventata un prodotto allo stesso modo in cui “prodotto” è tutto ciò che luccica nella pubblicità e nelle vetrine.

La seconda caratteristica manifestata dal fare cultura contemporaneo è un vero e proprio abbattimento di barriere che in precedenza distinguevano in modo netto tra cultura alta e cultura popolare, cultura bassa e cultura d’elitè.

Ormai non esistono più nette separazioni tra dimensione estetica e divertimento, tra dimensione commerciale e isolate sperimentazioni linguistiche. I processi culturali in atto sono capaci di mescolare frammenti di ogni tipo in un puzzle partecipato da serial televisivi e pubblicità, Joyce e show televisivi, film hollywoodiani e pensatori greci. Nessuna forma espressiva è tanto ripugnante da non essere incorporata nella produzione culturale.

La cultura contemporanea è l’universo della contaminazione, dei sincretismi linguistici, della sovrapposizione.

Vi è, infine, un terzo aspetto della cultura contemporanea che si sviluppa di pari passo alle logiche omologanti del capitalismo mediatico di ultima generazione.

Ma, proprio mentre si vivono dinamiche globalizzanti e post-localistiche sempre più avanzate, si acuiscono i conflitti identitari.

E in questi conflitti identitari e territoriali, la cultura diventa strumento per alzare barriere e differenze.

C’è una dimensione della cultura contemporanea che la vede come strumento per affrontare questioni di enorme impatto politico.

Dopo l’era dei conflitti tra grandi e universalistiche visioni del mondo si è approdati al tempo dei conflitti identitari, etici, etnici, laici, religiosi.

Una sorta di perimetrazione tematica che trova appoggio su aspetti culturali e crea motivi di tensioni se non di violenze inauditi.

La solidarietà è il sintomo “trasgressivo” di una comunità che si sfalda e disorienta nelle complesse dinamiche dell’individualismo.

Al cospetto di una contemporaneità “turboconsumistica” che ruota intorno alle logiche del mercato e all’individualismo su cui fa perno, ci piace ricordare quanto scriveva Michel De Certeau nel suo splendido “L’invenzione del quotidiano”: “non ci sono più spiriti che ricordino ai viventi la reciprocità”.

La solidarietà è in primo luogo un desiderio di riallestire i legami e le pratiche dialogiche che fondano, in una prospettiva socializzante, il vero senso dell’individuo.

La solidarietà è una traiettoria relazionale contraria alle dinamiche comunicative contemporanee che, paradossalmente, nella proliferazione di opportunità di connessione e di contatto, purtroppo, smarriscono ogni possibilità discorsiva e contribuiscono a costruire isolamento, fratture, solitudini.

Recuperando sempre da De Certeau ulteriori suggestioni, è possibile affermare che la solidarietà contemporanea è una “tattica di aggiramento” delle logiche capitalistiche, nell’ambito di una strategia che mira ad insinuare, per progressive conquiste spaziali, temporali e relazionali, una politica del dono contro una politica del profitto.

La solidarietà, la cultura del dono sono anche delle controproposte sul recupero di un tempo umano contro una contemporaneità che trasforma anche il tempo in merce.

A fronte di comunità che si ammalano e che producono rifiuti di ogni tipo, la solidarietà contemporanea secondo De Certeau propone, inoltre, un’”estetica dei trucchi”, vale a dire un’arte di escogitare soluzioni per riattivare processi di integrazione e di inclusione.

Scollamenti sociali, individualismo, perdita del radicamento, sono tutti fenomeni che se da un lato rispondono a un più ampio senso di libertà e di autonomia, dall’altro aprono ferite profonde in termini di insicurezza e smarrimento.

Ma la solidarietà è anche un vero e proprio “manifesto della tenacia” che, immaginando e battendosi per un modo diverso di stare insieme e fare comunità, cerca di entusiasmare la fiducia sulle possibilità di cambiare le cose del mondo, proprio laddove si assiste ad un radicalizzarsi del disincanto.

Oltre a queste specificità, anche le contemporanee manifestazioni della solidarietà, però, risentono di alcuni tratti specifici del capitalismo, assorbendone, ad esempio, nella incredibile crescita numerica, i tratti della frammentazione e dell’insularità già riscontrati per altri fenomeni.

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