X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

C’ERA anche il boss Ettore Lanzino, ritenuto dalla Dda il capo dei capi della malavita cosentina, fra le persone impiegate nella cooperativa Rende 2000. E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che ieri ha portato all’emissione delle due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo. Oggi, per il superlatitante cosentino sono scattate le manette: è stato scovato nel suo nascondiglio. E in sua compagnia c’era proprio Umberto Di Puppo, fratello di Michele, boss rendese, anch’egli coinvolto nella vicenda della Rende 2000.

Secondo gli inquirenti, la Rendeservizi era lo «strumento per ottenere consensi elettorali mediante il fattivo ruolo di esponenti di primo piano della locale criminalità organizzata, a loro volta contraccambiati da posti di lavoro retribuiti e distribuiti secondo la più classica delle politiche clientelari». A supporto delle loro tesi gli inquirenti elencano minuziosamente l’elenco dei dipendenti della cooperativa poi trasformata in Srl a capitale interamente pubblico, non senza prima aver sottolineato come l’organico della cooperativa si fosse gonfiato a dismisura arrivando ad assumere fino a 171 persone. A queste, fra l’altro, si devono aggiungere anche una serie di persone che hanno svolto prestazioni di lavoro occasionali a favore della società. Insomma un elenco lunghissimo che per come detto dagli inquirenti è stato assunto non si sa bene in base a quali criteri. L’unico che non passò dalla cooperativa alla Srl fu proprio il boss Lanzino che, lavorò alla cooperativa da aprile a domani 2008, perchè quando nacque la Srl lui aveva già iniziato la sua latitanza.

 I magistrati Borrelli e Lombardo hanno raccontato la circostanza che le assunzioni avvennero a chiamata diretta, nel senso anche letterale del termine nel corso di un incontro in un centro sociale di Rende. Un escamotage reso possibile da una vacatio legis. Dopo un po’, infatti, venne introdotta una nuova norma che prevede l’espletamento di un concorso anche per le società partecipate dagli enti pubblici. Nell’elenco compare anche Ida Cundari, vicina ad Ettore Lanzino. La figliastra del boss, infatti, nel 2009 ha percepito dalla Rende Servizi srl «un’indennità pari a mille euro per “supporto alle attività amministrative fino al 30 ottobre 2009”, quale lavoratrice occasionale». Anche l’altro capobastone della zona, Gianfranco Ruà, era riuscito a piazzare un suo parente nel libro paga della partecipata del Comune di Rende: il marito della sorella aveva ottenuto un incarico nel 2009 da 1500 euro. Posti di lavoro che in alcuni casi passavano anche in “eredità”. Come accaduto nel settembre del 2008 quando dopo l’arresto di Giuseppe Brillo, accusato e poi condannato a 22 anni per l’omicidio di Carlo Mazzei, venne assunto il figlio. Ma nella lista c’è anche la moglie di un ex collaboratore di giustizia, diversi dipendenti risultano essere stati indagati per associazione mafiosa. Sono 18 in totale i nomi su cui si è concentrata l’attenzione dell’Antimafia. Il gip di Catanzaro comunque sottolinea come per statuto la cooperativa fosse nata proprio «assumere soggetti da reinserire a livello sociale». Un capitolo a parte merita il ruolo di Michele Di Puppo, ufficialmente responsabile dello spazzamento. 

Nonostante ieri l’amministrazione comunale di Rende lo abbia indicato come un semplice dipendente addetto allo spazzamento (confronta la nota nell’altra pagina), per gli inquirenti quello che definiscono il reggente della cosca Lanzino su Rende era in realtà una sorta di uomo d’ordine all’interno delle cooperative. A lui si rivolgevano in tanti per chiedere ordini di servizio. Particolare curioso nell’ordinanza è una intercettazione in cui l’interlocutore si lamenta per aver trovato il telefonino spento. Di Puppo però si giustifica dicendo che il cellullare lo accendo solo dopo le 8.30 altrimenti i suoi colleghi delle cooperative arrivano a chiamarlo financo alle cinque di mattina. Sempre Di Puppo viene chiamato per organizzare l’affissione dei manifesti e per stabilire gli orari di lavoro. In una occasione al Di Puppo viene chiesta l’autorizzazione ad impegnare u dipendente della coop nell’orario di lavoro per l’affissione di manifesti dell’assessore (che come emergerà è Ruffolo). Di Puppo dapprima chiede il rimpiazzo del dipendente al fine di evitare lo scadimento del servizio di pulizia stradale e poi si impegna con l’interlocutore per convincere il dipendente ad accettare. Ulteriore curiosità è che Di Puppo arriva anche a dirimere, a modo suo, una controversia con un lavoratore che aveva denunciato la Rende 2000 per la violazione di alcuni obblighi contrattuali. Come denunciato dallo stesso lavoratore ai carabinieri, Di Puppo arrivò all’aggressione fisica per indurlo a più miti consigli. Ricordiamo ancora che Umberto Bernaudo ha dichiarato di non aver mai assunto nessuno. 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE