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UNA macroregione del Sud?  La domanda è fuori tema. Il problema non è dare al Sud l’illusione di essere parte di un potenziale Stato federale, circondato da imitazioni come la Padania.

La questione è molto diversa: bisogna riflettere sull’errore di avere creato una ventina regioni in Italia, sovrapposte e confuse con gli enti locali, e proporre soluzioni adeguate. Il problema nacque con il quarto Governo De Gasperi (aprile del 1947), quando la guerra fredda impose all’Italia di essere un confine geopolitico ed il Partito Comunista fu escluso dal governo del paese. Comunisti e Socialisti, che avevano indicato, fino ad allora, di essere a favore di uno Stato nazionale, cambiarono opinione e votarono, nell’Assemblea Costituente, per l’introduzione delle Regioni nella carta costituzionale. Democristiani, Repubblicani ed Azionisti erano favorevoli alla Regioni; Comunisti e Socialisti diventarono favorevoli perché esclusi dal Governo e per ottenere uno spazio di controllo sul potere, politico ed amministrativo, almeno in alcune aree del paese. Queste le premesse della creazione delle regioni nel 1970: e da allora è venuta solo la deludente e confusa prestazione che, nei successivi quarant’anni, esse hanno dimostrato di realizzare. Ha ragione Stefano Caldoro quando afferma che “Non servono piccoli Stati interni allo Stato” ma le Regioni italiane non sono affatto Stati e, purtroppo, sono state trasformate in pesanti organizzazioni: maxicomuni dove l’amministrazione prevale sulla strategia politica di programmazione e la cattura del consenso elettorale fa premio sulla razionalità e l’efficacia delle scelte da realizzare. Costruire macroregioni, capaci di riordinare la relazione tra apparati amministrativi e scelte autonome delle imprese, e delle organizzazioni non statali, è il terreno della prossima stagione politica. Le regioni attuali sono troppe e troppo diseguali tra loro. Le città sono la rete che rappresenta il reale tessuto locale del paese. E tre città, Milano, Roma e Napoli, che contano ciascuna circa quattro milioni di abitanti, sono i tre poli metropolitani che il paese dovrebbe riconoscere. Sono queste tre aree che dovrebbero essere riordinate e trasformate nel centro di gravità per le reti di comuni e di città, che le circondano.

Napoli potrebbe essere il centro di una macroregione limitata al Mezzogiorno continentale: un sistema sociale che presenta una opportunità per tre grandi sfide politiche. Gestire venti milioni di abitanti, una comunità adeguato ad un intero stato europeo, anzi alla somma tra Grecia e Portogallo; ridefinire la qualità dell’economia che si presenta nelle coste ad est e ad ovest degli Appennini, troppo ricca la costa adriatica e troppo povera quella tirrenica; creare un sistema economico della montagna che si snodi lungo gli Appennini, dal Molise alla Sila, passando per la Basilicata. Due aree metropolitane in America (Los Angeles e San Francisco) contano appunto 20 milioni di abitanti e sono raggiungibili, reciprocamente, con cinque ore di automobile. Tra Napoli e Bari ne occorrono tre; ma tra Napoli e Reggio Calabria molte di più. Collegare la popolazione  e le città, che sono insediate nel perimetro del Mezzogiorno, è la prima sfida per creare un mercato che si possa estendere su se stesso. Quel mercato, una volta esteso, si dovrebbe collegare all’Italia ed all’Europa. Ma solo la scala della macroregione, essenziale nella sua organizzazione  ma efficace nei suoi risultati,  potrebbe alimentare la spinta per la crescita che, a sua volta, darebbe una spinta, ulteriore e moltiplicativa, all’economia italiana ed alla sua produttività per competere in Europa e nel mondo.

E’ realizzabile questa trasformazione del Mezzogiorno continentale? Si può provare utilizzando un processo che in Europa ha avuto un certo successo. Si crea un Consiglio dei Governatori delle Regioni, analogo al Consiglio dei capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea. Le singole questioni, sanità o trasporti, si discutono tra gli assessori al ramo di ogni regione, come accade per i ministri delle finanze che si riuniscono nell’Ecofin. L’indirizzo politico viene discusso dai Governatori. Il Consiglio dei Governatori si avvale di un segretariato per programmare la finanza e le strategie degli interventi: potrebbe essere anche l’Agenzia della Coesione che si è dissolta nel trapasso tra il Governo Letta ed il Governo Renzi. Progressivamente si creano reti di area vasta, nelle tre fasce, le pianure di est ed ovest e la fascia appenninica, nelle quali si impiantano strutture di coordinamento: ridimensionando progressivamente la numerosità degli apparati amministrativi rispetto alla libera iniziativa delle imprese  e delle famiglie, o delle organizzazioni private che sviluppano servizi comuni ed infrastrutture. Sistemi simili possono essere realizzati intorno all’area metropolitana di Roma ed al sistema che collega la Toscana alle Venezie, passando per Emilia e Lombardia. Il Nord Ovest, Sicilia e Sardegna potrebbero essere altre tre entità autonome.

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