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CATANZARO – La Procura della Repubblica Santa Maria Capua Vetere ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli emessa il 6 dicembre 2012 (le cui motivazioni sono state depositate il 27 dicembre, ndr) che ha disposto la scarcerazione del 72enne Domenico Belmonte, indagato per la morte della moglie Elisabetta Grande e della figlia Maria e per l’occultamento dei cadaveri delle due donne, ritrovati in un sottoscala della villetta di Castel Volturno il 13 novembre scorso. Nel ricorso, depositato il 4 gennaio, il sostituto Silvio Marco Guarriello ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza del collegio partenopeo che aveva a sua volta annullato il provvedimento cautelare del gip di Santa Maria Capua Vetere che aveva disposto la carcerazione di Belmonte.
Per la Procura, Belmonte deve tornare in cella perchè sarebbero provati sia la causa della morte delle due donne che il movente. «Gli elementi chiaramente indiziari evidenziati – scrive il sostituto Silvio Marco Guarriello – sono già più che idonei a fondare una sentenza di condanna». Elementi come il rinvenimento dei cadaveri nella villa di Belmonte, la presenza nell’abitazione dell’intero vestiario delle due donne (ovvero “dei telefoni, dell’auto, degli effetti personali, dei gioielli, dei documenti che davano accesso alle risorse economiche nella disponibilità delle donne»), la mancata denuncia di scomparsa (avvenuta presumibilmente nel luglio del 2004, ndr), l’esistenza di forti contrasti familiari, probabile motivo del delitto, e, soprattutto, la «mancanza di ogni plausibile spiegazione alternativa all’omicidio»; elementi che il Tribunale del Riesame aveva ritenuto insufficienti a integrare i gravi indizi di colpevolezza, parlando «di assoluta incertezza» sulle cause del decesso e ventilando anche ipotesi come il doppio suicidio o l’omicidio-suicidio. Il pm Silvio Marco Guarriello evidenzia come la ricostruzione del Tribunale si basi solo «su ipotesi astratte» e «motivazioni contraddittorie, parziali», e, pur ammettendo che potrebbe non essere possibile provare la causa esatta e l’epoca della morte stante la condizione degli scheletri, scrive che «nulla consente di affermare che la morte possa essere dipesa da causa diversa dall’omicidio»; la versione dei fatti fornita da Belmonte, che si è sempre detto innocente in relazione all’eventuale omicidio dicendo di non aver denunciato la scompasa per vergogna, viene definitiva «assolutamente falsa e inverosimile» dal magistrato inquirente, che evidenzia tra l’altro come il collegio non abbia tenuto conto «di concrete emergenze investigative», come le dichiarazioni di un vicino di casa che aveva parlato di un cattivo odore proveniente dalla villa di Belmonte non attribuibile alle fognature.

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