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CROPANI (CZ) – Gli affari di Massimo Carminati, leader indiscusso dell’organizzazione malavitosa sgominata a Roma pochi giorni fa, erano arrivati anche in Calabria. I tentacoli erano quelli di Salvatore Buzzi, riferimento di punta dell’organizzazione sgominata dal procuratore Giuseppe Pignatone, e presidente della cooperativa “29 giugno”. Quella che teneva in mano politici, manager e funzionari, pagandoli anche mensilmente pur di avere appalti e favori. 

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Un sistema ben radicato, secondo l’accusa, e capace di gestire anche e soprattutto la “grossa partita” dell’immigrazione. Ed è proprio grazie ad un progetto sull’accoglienza di immigrati che la cooperativa “29 giugno” sbarca in Calabria. E’ il mese di ottobre 2008 e i viaggi della disperazione nella nostra terra sono all’ordine del giorno.
Il progetto lascia tutti esterrefatti: un nuovo e lussuoso villaggio quattro stelle trasformato in centro di accoglienza per immigrati in attesa del riconoscimento dello status di rifugiati. Lo scenario è quello della costa ionica catanzarese, ed esattamente Cropani Marina. E’ qui che in poche ore si materializza un’iniziativa che all’epoca creò scompiglio e protesta.

Nel villaggio “Alemia”, finito di costruire poco tempo prima con ogni confort, arrivano circa 250 migranti. Sono quasi esclusivamente nord africani, prima ospiti del Centro di accoglienza Sant’Anna di Crotone che, però, era stracolmo.

La soluzione è così repentina e inattesa che a Cropani Marina scoppia la bagarre. Nessuno era stato informato, nemmeno l’allora sindaco Antonello Grano. «Non ne sapevamo nulla – ricorda oggi al Quotidiano – ci siamo trovati con i pullman davanti al villaggio e non riuscivamo a capire il perché di una simile forzatura».
L’accordo, e il conseguente via libera, arrivava direttamente da Roma. La scelta, per come si riferisce anche negli articoli dell’epoca, era dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, su proposta della cooperativa “29 giugno”. Proprio quella al centro degli scandali romani. In mezzo un imprenditore immobiliare di origini calabresi, all’epoca proprietario della struttura, che avrebbe vantato diversi rapporti nei palazzi romani tra affitti e gestioni di immobili, grazie anche ad una compagna definita «molto influente».

Nei primi giorni di ottobre 2008, nel villaggio, che dista solo duecento metri dal mare, arrivarono prima 24 operatori della cooperativa romana, poi i primi 230 immigrati. «Vogliamo che la gestione passi in mano ai volontari locali», si affrettò a dichiarare uno dei rappresentanti della coop romana. Ma quel progetto durò solo sei mesi, contro le aspettative degli uomini di Buzzi. Operatori commerciali e cittadini cropanesi scesero in piazza e bloccarono la statale 106, preoccupati per gli effetti sul turismo. Il ministero dell’Interno dovette piazzare nel villaggio un presidio fisso delle forze dell’ordine per garantire la sicurezza. Ma ci fu soprattutto l’altolà della Questura di Catanzaro.

«Fu l’allora dirigente dell’ufficio immigrazione, Vincenzo Albanese, a registrare anomalie nel progetto», racconta Giuseppe Brugnano, segretario regionale del Coisp, Sindacato indipendente di polizia. «Davanti alle contestazioni della Questura – aggiunge Brugnano – Buzzi cambiò velocemente i piani spostandosi dove ha trovato terreno fertile per la sua la strategia d’impresa».

Così, il 3 aprile 2009 gli ultimi immigrati abbandonarono il centro di accoglienza a 4 stelle, lasciandosi alle spalle una marea di polemiche. In tanti gridarono allo scandalo, anche per i danni subiti dalla struttura ricettiva. Molti sollevarono anche il dubbio di interessi della ‘ndrangheta nel progetto. Cinque anni dopo i contorni si chiariscono, delineando un groviglio di intrecci romani, tra mazzette e politici compiacenti. 

Quella breve parentesi ha segnato, però, il futuro del villaggio che rimane, comunque, estraneo dall’inchiesta della Capitale. Dopo una riapertura a singhiozzo, durata solo qualche anno, la struttura ha chiuso i battenti. Segnata anche dalle polemiche per quell’iniziativa. Mentre sullo sfondo rimane l’inquietudine per un cospicuo finanziamento regionale per realizzare il residence, vincolato per il solo uso a scopo turistico e che, invece, ha permesso di mettere in piedi l’ennesimo progetto discutibile. Con buona pace dello sviluppo e della legalità.

 

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