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POTENZA – «Rocco Delli Gatti aveva avuto una discussione con mio padre per un autotrasporto e quando l’ho saputo con D’Amato l’abbiamo ammazzato. Chiedo scusa ai familiari per il dolore che ho arrecato».

E’ quanto ha dichiarato ieri mattina Michele Morelli, 34enne melfitano, in videoconferenza dal carcere con la Corte d’assise d’appello di Potenza.

Morelli ha preso la parola per delle spontanee dichiarazioni, ma la sua confessione ha lasciato tutti di stucco.

Negli ultimi anni, secondo gli inquirenti della Dda potentina, Morelli si sarebbe allontanato dai vecchi amici del clan Cassotta per unirsi proprio al gruppo Di Muro-Delli Gatti. Un passaggio sancito da un altro omicidio, quello di Bruno Cassotta, per cui è stato assolto in primo grado e pende processo in appello. Mentre è stato condannato già a 30 in appello per la morte di Domenico Petrilli, e in primo grado, due anni fa, era arrivata la condanna per l’agguato a Delli Gatti.

Con le sue parole Morelli ha confermato quanto riferito nel 2010 dal pentito Alessandro D’Amato, salvo ricondurre tutto a questioni personali, che nulla avrebbero a che fare con la faida tra i due clan che per 20 anni ha insanguinato il Vulture Melfese.

L’udienza è stata aggiornata alla prossima settimana per le discussioni delle difese poi la corte presieduta da Vincenzo Autera dovrà ritirarsi per la decisione.

Assieme a Morelli nel 2012 sono stati condannati anche il boss Angelo Di Muro e il suo braccio destro Nicola Lovisco per l’omicidio di Marco Ugo Cassotta, a luglio del 2007. Ma la procura ha fatto ricorso anche contro le assoluzioni di Emilio Caprarella, l’imprenditore coinvolto anche nella recente inchiesta sul Comune di Melfi, e Dario D’Amato, fratello del pentito.
Alessandro D’Amato ha ammesso di essere stato lui ad attirare Cassotta con la scusa di fargli vedere delle armi che aveva recuperato al nord, e sarebbero potute servire per chiudere i conti con i loro storici nemici del clan dei fratelli Di Muro. Poi gli avrebbe sparato in pieno petto e sarebbe tornato in paese per dare la notizia ai suoi nuovi amici.

Il corpo di Cassotta è stato trovato soltanto tre giorni dopo. Nel casolare tra i resti del fuoco acceso sul cadavere erano rimaste poche ossa sparse e il moncone dell’avambraccio sinistro, con l’orologio al polso che segnava le 19:40 mentre il torso era stato trascinato nei rovi appena lì fuori. Quello sfregio sarebbe stato la firma dell’omicidio da parte dei fratelli Di Muro, che – stando a quanto D’Amato ha rivelato di aver sentito proprio da uno di loro – già nel 1991 avrebbero ucciso un altro Cassotta, Ofelio Antonio, ritrovato semicarbonizzato nella discarica di Rapolla. Stesso trattamento riservato nel giro solo di qualche settimana anche ai fratelli Rocco e Donato Maiellare.

Perchè il boss Marco Ugo decidesse di compiere la sua vendetta sarebbero passati 11 anni: il primo a cadere sotto i colpi del gruppo di fuoco composto da Alessandro D’Amato e Michele Morelli sarebbe stato Rocco Delli Gatti, a Melfi il 14 ottobre del 2002; poi è venuto il turno di Domenico Petrilli, il 25 febbraio del 2003 a Rapolla.
l.amato@luedi.it

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