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POLISTENA – Casa, lavoro e documenti. Questo il grido dei braccianti africani di Rosarno che ieri sera hanno sfilato per le vie di Polistena. La “Marcia della Pace” ha messo insieme le loro storie, il loro presente difficilissimo schiacciato dallo sfruttamento e dalle condizioni di vita proibitive. Ma anche le loro speranze per un futuro diverso. Omar ha 29 anni. Da 12 vive in Italia. Su e giù per il paese, alla ricerca di un’occupazione, e di una stabilizzazione che lo renda davvero libero.

La sua avventura ha fatto tappa nelle fabbriche del nord, nei fondi agricoli pugliesi. Sette anni fa l’arrivo a Rosarno. Nelle piantagioni di agrumi che, per lui, sono diventate un luogo maledetto. Omar tiene in mano una fiaccola, con l’altra sorregge un lembo della bandiera colorata, simbolo della pace. «Ho girato tanto per questo Paese – racconta -. Ma mai ho trovato il modo per poter conquistare una vita decorosa, fatta di lavoro e regolarità. Tanti miei compagni ci sono riusciti, ma per me e per tutti i miei amici di Rosarno questo non sembra essere possibile. Aspettavamo una sanatoria, qualcosa che ci desse diritto di essere cittadini veri di questo Paese».

Omar prosegue il racconto, e ripercorre la sua storia recente. Un pezzo di storia della Piana di Gioia Tauro. «Tante promesse sono state fatte in questi anni – denuncia il lavoratore africano – ma mai nulla è davvero successo. Qui non cambia nulla. Ora in tanti si mobilitano, e siamo contenti di questo. Ma vogliamo un tetto sulla testa, un lavoro per vivere una vita decorosa e documenti che ci rendano cittadini liberi. Da sette anni sono a Rosarno – conclude – ma questo non è mai accaduto». Intanto il grido si fa più forte. Omar saluta. Questa sera tornerà ancora a Rosarno, senza diritti. Intanto chiede casa, lavoro e documenti.

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