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«LA passione politica ha finito spesso per condurmi sui fronti di guerra e così, in più di un’occasione, ho corso il rischio di lasciarci le penne: come durante il conflitto tra Marocco e Algeria, o in Guinea. Ma io ho fotografato di tutto: artisti, scrittori, ma soprattutto la gente comune. Perché ho sempre pensato a un racconto incentrato sull’osservazione di fatti minimali, su ciò che nella società rimane latente e deve essere riportato alla luce. In questo risiede il valore civile del nostro mestiere. Malgrado i giganteschi cambiamenti intervenuti»: questo raccontava il grande fotografo Mario Dondero in una recente intervista a Franco Marcoaldi di Repubblica.
E nel pantheon di Dondero – morto domenica scorsa – fatto di “gente comune” non poteva mancare la testimonianza della gente di Basilicata già immortalata da De Martino, Cartier-Bresson, Patellani e Maraini: oggi ci resta quell’icona assoluta della sagoma dell’uomo che si arrampica verso un orizzonte sognato come la luna e reso straordinariamente accessibile. Era il maggio di Accettura del 1993. È uno scatto in cui il fotografo si fa umilmente da parte preferendo lasciar parlare l’uomo e il suo rapporto coi miti, le tradizioni e il cosmo.
Con la sua Leica, Dondero (nato a Milano nel 1928), ex partigiano e poi giornalista (Avanti, Unità, Milano Sera, Le Ore) ha inaugurato un modo di fare fotogiornalismo di cui restano tracce immortali nelle collaborazioni con Vie Nuove, Tempo illustrato, Europeo, Espresso ed Epoca. Fra ritratti a celebrità del mondo della cultura e dello spettacolo, lascia una produzione sconfinata dove trova posto il reportage di viaggio – si ricorda la serie dedicata alle Marche (regione in cui ha passato gli ultimi anni, morendo a Fermo) ma anche la Basilicata lo attrasse e lo rapì –, genere condotto da maestro assoluto: pure nella semplicità del bianco e nero, si tratta di immagini dal fortissimo impatto.
L’uomo di Accettura s’inserisce perfettamente nel filone: il ricercatore lucano Giuseppe Melillo ha analizzato quella testimonianza di uno dei riti arborei di origine pagana che sopravvive nelle zone lucane. Nel paesino del Materano, Dondero scatta alcune foto che faranno poi parte delle sue mostre.
«”L’uomo che voleva raggiungere la Luna” – spiega Melillo – viene scattata mentre un uomo tenta l’arrampicata verso la cima dell’albero. Dalla prospettiva sembra che voglia raggiungere la luna. In realtà in questa sfida dell’uomo contro i propri limiti c’è il sogno di superare se stesso e di incamminarsi verso una dimensione nuova, di sogno, di utopia. Oltre ai grandi uomini e ai momenti topici della storia, Dondero affronta anche le microstorie ai margini del mondo e in questa foto ci racconta la fatica e la perseveranza di un uomo solo contro il destino rappresentato dalla natura e dall’albero e il sogno di una meta, immaginata nella luna».
È il riscatto della gente comune, e la Leica è lì a documentarla «quasi a dire – commenta Melillo – che non solo i grandi uomini cambiano il mondo; che un altro mondo possibile passa soprattutto attraverso la quotidianità fatta da gente semplice e dai nomi sconosciuti che giorno dopo giorno possono prendere in mano il proprio destino e intraprendere percorsi ardui ma che possono cambiare il mondo e… avvicinarsi alla luna. Passo dopo passo, salita dopo salita. Anche se non si raggiungerà mai la luna ci si potrà sollevarsi e staccarsi dalla terra».
Nel giorno dell’approvazione dello Statuto regionale, la mente va alla Legge speciale per la Basilicata ideata dal presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli. Novant’anni prima di Dondero (era il 1902) anche lui passò dalla Basilicata della malaria e delle emergenze trasporti, casa, acqua potabile: Giuseppe Lupo ne parla ne “La carovana Zanardelli” (Marsilio 2008). Sull’ultimo numero di Sette l’inviato del Corriere della Sera Gian Antonio Stella, un altro grande conoscitore e a suo modo narratore del Sud, lo ricorda aggiungendo che «per capire il Mezzogiorno bisogna visitarlo». Dondero lo fece, e grazie alla sua Leica in tantissimi hanno potuto e potranno capirne qualcosa in più.

e.furia@luedi.it

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