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PRAIA A MARE – L’accordo firmato giovedì sera in un albergo di Fuscaldo, di fatto, aveva già posto fine al caso Marlane, quanto meno alla fase relativa ai risarcimenti dei danni ai parenti delle presunte vittime, ma la vera e propria certificazione della chiusura della vicenda è giunta nel corso della prima udienza del processo che vede sul banco degli imputati il gruppo Marzotto che della fabbrica tessile di Praia a Mare era proprietaria, una udienza in cui i toni erano più bassi rispetto a quanto si poteva prevedere in assenza dell’accordo e che è stata caratterizzata dalle revoche di costituzione in giudizio depositate dai legali delle parti civili e accolte dal Tribunale. 

Dopo che le quasi 200 parti civili costituite nel processo hanno accettato l’accordo che prevede il versamento di un indennizzo a ciascuna parte che dovrebbe attestarsi sui 20-30 mila euro a testa non resta che il controbbatersi delle perizie di accusa e difesa sulla incidenza tumorale e sulla pericolosità degli agenti chimici utilizzati in azienda. Di certo la partecipazione di massa che era inizialmente prevista non ci sarà più. Questo, però, non vuol dire che il processo sia terminato. In primo luogo l’accertamento di eventuali responsabilità penali a carico dei tredici imputati proseguirà a prescindere dall’accordo sottoscritto, che riguarda solo il piano patrimoniale, e in secondo luogo i sindacati hanno già annunciato e ribadito la loro volontà di andare avanti in cerca della verità sul caso Marlane.
La Cgil, infatti, conferma la propria volontà di proseguire il cammino iniziato finora mentre lo Slai Cobas arriva anche a contestare gli accordi presi. 
Sotto il profilo processuale, comunque, l’udienza è stata aggiornata al 22 novembre quando saranno sentiti i medici che hanno operato nello stabilimento e i componenti del Consiglio di amministrazione della Marzotto. 
La fabbrica Marlane ha radici storiche molto risalenti. A fondarla nel 1958 fu il conte Stefano Rivetti e dopo di lui lo stabilimento fu assorbito prima dall’Imi (Istituto mobiliare italiano), poi dalla Lanerossi e, infine, dall’Eni che, nel frattempo, aveva rilevato la Lanerossi. Risale al 1987 l’acquisizione da parte del gruppo Marzotto che tenne operativa la fabbrica fino al 2004 anno della chiusura. L’eventuale impiego di sostanze dannose per la salute violando divieti disposti dalla legge è l’oggetto del processo in atto e se è vero che sotto il profilo patrimoniale la storia può considerarsi chiusa con l’accordo di Fuscaldo è anche vero che l’accertamento dei reati e tutt’altra cosa e sarà oggetto del processo in corso a Paola
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