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POTENZA – E’ accusato di aver proposto alla giunta 5 master da più di 40mila euro cadauno per i più ambiziosi dei suoi dirigenti nel settore della sanità. Salvo che una volta stanziati i soldi non sarebbe stata fatta una selezione “vera”. In più tra i 5 fortunati c’è finito proprio lui.

E’ entrato nel vivo ieri mattina il processo a carico di Giuseppe Montagano, dirigente dell’Ufficio pianificazione  e verifica degli obiettivi del dipartimento Sanità della Regione.

Montagano, assistito dall’avvocato Dino Donnoli, deve rispondere di abuso d’ufficio a causa di una delibera da 200mila euro e rotti approvata a marzo del 2008 dalla giunta regionale. Oggetto: la partecipazione di alcuni top manager sanitari lucani a un corso biennale di alta formazione organizzato dall’Università Mc Gill di Montreal, in Canada, considerata tra le scuole più prestigiose di medicina a livello mondiale.

Il caso era esploso non più tardi di tre mesi dopo grazie alla denuncia di un consigliere regionale, Sergio Lapenna, finito di recente sotto i riflettori per una vicenda ben diversa in cui risulta indagato a sua volta.

Di lì si erano mossi gli investigatori ai comandi del capitano Antonio Milone che ieri mattina è stato sentito in aula e ha illustrato al collegio presieduto da Aldo Gubitosi gli accertamenti svolti.

Dopo la sua deposizione è iniziata la sfilata dei testimoni della difesa, con la referente italiana della Mc Gill, la professoressa Paola Adinolfi della Direzione delle aziende e delle organizzazioni sanitarie dell’Università di Salerno.

Rispondendo alle domande dell’avvocato Donnoli la professoressa ha spiegato di aver proposto di finanziare il master per i dirigenti lucani ai vertici della Regione in un incontro a Grumento Nova. Ha dettagliato anche i requisiti necessari per partecipare al corso in «leadership sanitaria» e ha ripercorso i passaggi che si sono susseguiti quando a via Verrastro hanno deciso di bloccare tutto.

«Dalla Mc Gill mi chiedevano in continuazione cosa stava succedendo». Ha raccontato la professoressa. «Per noi è stata davvero una brutta figura».

Quanto al nocciolo della questione bisognerà attendere la prossima udienza, fissata per il 10 novembre, in cui dovrebbero sedersi sul banco dei testimoni, l’ex direttore generale del dipartimento Sanità Rocco Rosa, il direttore generale dell’Asp Mario Marra e Domenico Maroscia, direttore del dipartimento servizi diagnostici dell’Azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza.

A loro spetterà il compito di smontare la tesi dell’accusa, per cui dato che i fondi utilizzati erano quelli dell’Unione europea andava applicata un minimo di trasparenza, garantendo pari condizioni ai potenziali interessati. In pratica sarebbe stato necessario un avviso pubblico per selezionare i più meritevoli di frequentare quel prestigioso master internazionale, che poi rappresenta un titolo quanto mai utile nel proprio curriculum anche in prospettiva di altre selezioni, ad esempio per i posti ai vertici di aziende sanitarie lucane e non.

Stando invece a quanto ricostruito dagli investigatori, al momento di approvare la delibera i nomi dei 5 fortunati si sapevano già: Maria Mariani (Crob), Cristiana Mecca (Asp), Vito D’Alessandro (Asm), Raffaele Giordano (San Carlo), oltre allo stesso Giuseppe Montagano (Regione). E per raccoglierli era bastata una consultazione dei dirigenti delle 5 aziende sanitarie lucane, ma senza informare i potenziali interessati. Tant’è vero che agli atti c’è la deposizione ai militari di almeno uno di loro, che ha raccontato di non aver saputo di quella possibilità se non a giochi fatti.

Il risultato è stato che Montagano e gli altri hanno dovuto abbandonare il master dell’università di Montreal dopo appena 15 giorni e un anno più tardi per andare sul sicuro l’avviso pubblico è stato pubblicato anche sui giornali. Ma per l’indagine dei carabinieri era già troppo tardi.

l.amato@luedi.it

 

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