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REGGIO CALABRIA – «Spero che mia moglie riesca a patire questa vicenda senza perdere se stessa. Se lei perdesse se stessa, allora io non avrei più modo di vivere». Da Dubai continua a parlare via Skype l’ex parlamentare e imprenditore reggino Amedeo Matacena. E all’Ansa confida i suoi pensieri per Chiara, la donna accusata di aver organizzato la sua latitanza gestendo i contatti, tra gli altri, con l’ex ministro Claudio Scajola, finito agli arresti su disposizione della procura antimafia di Reggio Calabria. Lei ora si trova in Francia, in attesa di estradizione (LEGGI).

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Matacena continua a dirsi vittima di un «complotto vendetta»: «Tutti coloro che mi hanno colpito hanno avuto delle gratifiche e avanzamenti di carriera all’interno del loro sistema di lavoro». E di Scajola dice: «Mia moglie ha perso suo padre, che era coetaneo di Scajola e quindi vede in lui una figura paterna. Mi sembra normale che una donna che si trova in difficoltà vada a chiedere aiuto ad un amico che ha grandi esperienze». 

Nella richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Dda al giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria si parla anche di un prestito di tre milioni e mezzo di dollari concesso dalla banca Greca “Marfin Egnatia Bank Societe Anonyme», con sede legale a Thessaloniki (Grecia), alla Amadeus spa. Attraverso gli atti relativi al mutuo, acquisiti dalla Procura di Reggio Calabria, emergerebbe «l’individuazione – scrivono i Pm – dei reali proprietari delle quote riferibili alle società estere partecipate della Solemar srl, compresa la stessa Amadeus spa, identificabili nei coniugi Amedeo Matacena e Chiara Rizzo».

L’ex ministro ed esponente di Forza Italia ieri per sei ore ha risposto alle domande dei magistrati. I verbali sono stati secretati ma il suo legale assicura che ora lui è «sereno perché ha chiarito tutto» (LEGGI). Un’altra ombra, però, si profila all’orizzonte ed è legata agli arresti di alcuni poliziotti in Toscana. Le indagini hanno fatto emergere una presunta violazione del segreto istruttorio da parte dei due agenti di Polizia, da ieri ai domiciliari in un’indagine sulle infiltrazioni della camorra in Versilia.

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Secondo quanto si apprende, gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia sarebbero intenzionati ad approfondire le indagini riguardanti la rivelazione di informazioni ricoperte da segreto istruttorio – come quelle emerse nell’ambito dell’affaire Matacena, che ha coinvolto l’ex ministro Scajola – che i due agenti di polizia arrestati avrebbero rivelato a terzi dopo averli acquisiti illecitamente attraverso indebiti accessi alle banche dati. 

L’ipotesi è che vi possa essere un vero e proprio apparato deviato dello Stato «specializzato» nel fornire notizie coperte da segreto, ed è legata ad alcune circostanze emerse nelle indagini sul clan dei Casalesi e che riguardano Ciro Manna, un carrozziere del Casertano arrestato ieri e ritenuto in contatto con i capizona della cosca. Manna è colui che poi, materialmente, avrebbe bonificato nella sua officina le auto di presunti affiliati al clan dalle spie installate dalla forze dell’ordine.

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