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Ci sono anche l’ex assessore regionale della Calabria Silvio Greco e il fratello Raffaele tra le persone indagate per la gestione delle emergenze ambientali. Sono 26 in tutto gli avvisi di garanzia con le accuse di associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, tentata corruzione, concussione e abuso d’ufficio. L’inchiesta partita dalla procura di Udine è poi approdata a Roma riguarda  legati i finanziamenti statali assegnati per la gestione delle emergenze ambientali nei siti di interesse nazionale (Sin). Coinvolto anche un ex direttore del ministero dell’Ambiente il denaro sottratto all’erario sarebbe «molto consistente».

FINANZIAMENTI STATALI “PILOTATI” – In Friuli gli inquirenti hanno lavorato sul denaro erogato in un decennio per lo stato di emergenza del sito di interesse nazionale della Laguna di Grado e Marano. Il fascicolo è poi confluito in una inchiesta analoga aperta a Roma. Ne è emersa l’esistenza di un’associazione, costituita da più persone, che avrebbe concepito e alimentato lo stato di emergenza ambientale al solo scopo di ottenere denaro pubblico dal ministero del Tesoro, apparentemente finalizzato alle bonifiche, ma sostanzialmente utilizzato per alimentare e mantenere l’apparato organizzativo.

In pratica, secondo la magistratura, i presunti problemi ambientali sarebbero stati lo strumento per pilotare cospicui finanziamenti statali verso società appositamente costituite in cambio di utilità consistenti per lo più nell’assunzione del personale di volta in volta segnalato da vari interlocutori, nonché nell’assegnazione di incarichi di progettazione da destinare sempre ai “soliti amici”. 

LE ACCUSE PER I FRATELLI GRECO – Silvio Greco, che fu assessore all’Ambiente in Calabria nell’esecutivo guidato da Agazio Loiero, figura tra gli indagati per il suo di funzionario all’Icram (Istituto centrale per la ricerca applicata al mare). Raffaele Greco per la qualifica che all’epoca rivestiva di presidente della Nautilus di Vibo Valentia, società a cui erano state affidate le attività di caratterizzazione della laguna, costata circa 4 milioni di euro, ma rimasta priva di validazione.

LE ALTRE PERSONE INDAGATE – Nel registro degli indagati sono finiti i nomi di funzionari romani del ministero dell’Ambiente e delle società in-house dello stesso, dirigenti dell’Ispra (Istituo superiore per la ricerca ambientale) e dell’Arpa, degli ex commissari dell’emergenza in laguna nonché dipendenti di alcune società già coinvolte nello scandalo del Mose, come il Consorzio Venezia Nuova. 

Ideatore e promotore del sistema sarebbe stato, secondo gli inquirenti, un ex direttore generale del ministero dell’ambiente, Gianfranco Mascazzini, 75 anni di Monza. Secondo i magistrati, promettendo denaro e commesse sia al commissario delegato che all’Ispra, alimentava il sistema clientelare, conferendo arbitrariamente incarichi pagati con denaro pubblico, astrattamente destinato a risolvere problemi ambientali che in realtà venivano reiterati e garantiti a soggetti che a lui dovevano «supina obbedienza». E «si creava una corte di persone di fiducia la cui presenza in qualità di esperti e collaboratori aveva solo la funzione di consentirgli una gestione incontrastata del territorio».

Tra gli altri indagati che stanno ricevendo in queste ore gli avvisi di garanzia, nel Nordest e a Roma, figurano i tre commissari delegati che si sono succeduti nei 10 anni di commissariamento per l’emergenza socio-economico ambientale della Laguna di Grado e Marano, Paolo Ciani, Gianfranco Moretton e Gianni Menchini, insieme ai soggetti attuatori: Dario Danese e Giorgio Verri. Indagati pure Francesco Sorrentino, già ingegnere capo del Genio civile di Gorizia, in qualità di responsabile del
procedimento, e la dirigente dell’Arpa di Udine Marta Plazzotta.

L’inchiesta si è allargata fino al Veneto, dove gli avvisi sono stati recapitati tra gli altri al presidente del Cda del Consorzio Venezia Nuova e di Thetis srl Giovanni Mazzacurati.  Nell’indagine sono finite anche le aziende Tethis (in cui risultano indagati l’ad Maria Brotto e l’ex responsabile della divisione ingegneria dell’ambiente e del territorio Andrea Barbanti), lo studio Altieri (indagati il presidente Albero e il vice Everardo Altieri) e l’ad Guido Zanovello), e la Sviluppo Italia sas (Simone Fassina e Vito Antonio Ardone). 

Tra i 26 indagati anche l’avvocato dello Stato a Venezia Giampaolo Schiesaro e consulente del ministero per la tematica delle transazioni ambientali. Travolti dallo scandalo anche altri funzionari dell’Icram, Massimo Gabellini, le ricercatrici dell’Ispra Antonella Ausili ed Elena Romano, oltre ai vertici di Sogesid: il direttore generale Fausto Melli, il presidente del cda e direttore generale Vincenzo Assenza, il commissario Franco Pasquino e la dipendente Giorgia Scopece. 

 

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