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POTENZA – La 500x e la Jeep Renegade sono ormai una certezza e Melfi è alla sua ultima opportunità. Bisognerà capire come rilanciare tutto quello che ruota attorno la Sata, indotto e Campus ma è ovvio che i numeri sciorinati dalle previsioni lasciano sperare qualcosa. Ecco, appunto “speranza”. la parola da tenere in considerazione è questa, perché a Ginevra Marchionne non ha dato certezze sul futuro dell’occupazione di Melfi. C’è da ragionare anche su quanto accadrà e soprattutto capire se queste due auto basteranno a occupare tutti i 5mila 400 dipendenti. Ne abbiamo parlato con il segretario regionale della Uil, Carmine Vaccaro, che oltre a dare spunti ha individuato alcune criticità. Melfi è su un’ottima strada, ma la Fca non basta, c’è da pensare oltre, internazionalizzarsi, guardare al mondo e anche ad altre aziende.

Marchionne ha parlato di 1 milione di auto prodotte entro il 2014 e dell’impiego di tutti i lavoratori di Melfi e parte di Pomigliano. Questa cosa è davvero possibile?

«La speranza e l’augurio ci sono, ma c’è un aspetto da tenere in considerazione: a Melfi esistono due linee gemelle, su una viene prodotta la Punto che verrà dismessa a dicembre 2014 e sull’altra linea, quella ristrutturata verrà prodotta la 500x e la Renegade. Su questa linea possono essere prodotte 900 vetture al giorno. A questo punto affinché i pronostici vengano rispettati per tenere occupati tutti i lavoratori non c’è scampo: Bisogna aumentare i turni di lavoro. Significa che a Melfi si deve passare a 18 o addirittura 21 turni settimanali. Per evitare questo su quella linea dismessa dobbiamo necessariamente produrre un’altra autovettura. Ci vuole una macchina che dovrebbe sostituire la Punto e recuperi anche qualche buco di produzione. Bisogna fare un’operazione verità, ovvero dire che per mantenere i livelli occupazionali bisogna alzare al massimo la capacità e aumentare i turni, diversamente si potrebbe recuperare un pezzo di produzione, mettersi in joint venture anche con un’altra casa automobilistica e produrre una vettura che può sostituire la Punto.

D’altronde perché non fittare quel mezzo stabilimento che rischia di rimanere vuoto? Potrebbe essere un pezzo aggiuntivo di occupazione ma dobbiamo farlo ora, in questo mese durante il quale si scrivono i piani industriali. Il 6 maggio, quando il piano sarà presentato al mondo non potremo più fare nulla. In Basilicata si parla troppo di petrolio e meno di manifatturiero. Il petrolio prima o poi finisce. Mirafiori e la Fiat esistono da 130 anni, può esserci futuro anche per le prossime generazioni. È ovvio che serve la politica, pensare ad un taglio dell’Irap, ad agevolazioni sulle bollette energetiche, a tutto quello che potrebbe garantire sviluppo».

Ma la “Consulta regionale dell’Automotive” proposta da lei in quest’ottica è davvero utile o si tratta dell’ennesimo apparato elefantiaco?

«La consulta regionale deve necessariamente includere la partecipazione sia della Fiat sia delle fabbriche dell’Indotto con i responsabili di quelle fabbriche. Tutti sono consapevoli che da soli non si va da nessuna parte. Fare questa consulta regionale significa monitorare l’avanzamento, studiare possibilità per aiutare anche le Pmi e un indotto di secondo e terzo livello. Dobbiamo valorizzare la qualità di una classe imprenditoriale che è rimasta molto distante dalla Fiat, azienda che si è sempre chiusa nel suo aristocratico isolamento. A noi spetta far partecipare Fca alla vita attiva della regione. Dall’altra parte bisogna far capire all’indotto che non vale più la logica della committenza unica, bisogna produrre non solo per Fiat ma anche per altri investitori. Certo è che se per costruire un’autovettura servono 100 particolari e noi ne costruiamo solo 20 in Basilicata mica è disumano decidere insieme, nella logica di un contratto di prossimità e riduzione dei costi dell’energia, di portare qualche altra iniziativa industriale».

E poi c’è il Campus. Lì sono stati spesi tanti soldi ma l’idea di un centro di ricerca esclusivo Fiat non sembra più praticabile, visto che Fca pensa già a Wall Street.

Dipende da noi, dalla politica e dalle istituzioni. Oggi le aziende vanno a comprare la tecnologia dove c’è. Natuzzi ha comprato il brevetto di una poltrona avvolgente che si modella al corpo in Scandinavia. Il tempo che abbiamo perso per ragioni burocratiche va recuperato fermo restando che non è più attuale la natura del campus tecnologico, bisogna cambiarne la natura. Nasce come un polo tecnologico per il world class manufacturing (ricerca sull’aumento dell’efficienza e riduzione dei costi della fabbrica ndr) ma ora bisogna trasformarlo in un “Fab Lab”, una fabbrica laboratorio. Vuol dire sfruttare la creatività del popolo lucano per creare prototipi che possano servire non solo alla Fiat ma al mondo. Melfi deve diventare un fab lab per il mondo, lì devono andare i giovani laureati e studiare nuovi prototipi su qualsiasi cosa».

Quindi servirebbero ulteriori investimenti.

«No, perché c’è da comprare una macchina per stampa 3d a prototipazione rapida che costa intorno alle 200mila euro. Tutto questo si può fare ma bisogna a questo punto cambiare la missione. O seguiamo il passo del mondo o saremo tagliati fuori dalla terza rivoluzione industriale in atto».

v.panettieri@luedi.it

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