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LA lettera porta la data del 30 settembre scorso, cinque giorni dopo l’annuncio del decreto interministeriale attuativo dell’articolo 16 della legge 27 del 2012, ovvero quello che recepisce l’osannato Memorandum lucano sul petrolio.

Il presidente De Filippo scrive al premier Letta e ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Economia, Zanonato e Saccomanni. Quella che arriva dalla massima carica istituzionale della Regione è una sostanziale bocciatura dell’atto attuativo approvato dal governo. Un decreto «sicuramente deludente – scrive il presidente – in relazione sia alle aspettative della Basilicata, sia all’ammontare totale dell’extragettito fiscale ottenibile con un incremento della produzione petrolifera in territorio lucano senza aumento dei pozzi estrattivi previsti». Nell’opinione pubblica il provvedimento dei due ministeri è stato già avvertito come l’ennesimo bluff sulla pelle dei lucani. Gli unici a cantare vittoria sono i parlamentari del centrodestra. Il governatore dimissionario, per altro alle prese in quei giorni con le patate bollenti che ha ritrovato sulla scrivania della segreteria regionale del partito, non esterna alcuna presa di posizione, almeno non ufficialmente. Lo farà solo nella conferenza di fine mandato dello scorso martedì, definendo il decreto «una vera schifezza». Nella lettera inviata qualche giorno prima a Roma, forse ultimo atto, in fatto di estrazioni, da parte del presidente che si avvia a lasciare definitivamente la Regione, è indicata la richiesta: una riformulazione del decreto, in cui venga recuperato lo spirito che ha animato i confronti e gli approfondimenti che si sono sviluppati tra le parti in questi anni.

L’unico elemento positivo dell’atto ministeriale – sottolinea il governatore – è rappresentato dalla ribadita centralità della regione in termini di contributo alla strategia energetica nazionale. Per il resto, il provvedimento va rivisto completamente perché non risponde a quello che la Basilicata aveva chiesto e auspicato di ottenere.

Ma soprattutto non corrisponde alle indicazioni che le parti si erano da date nel corso della trattativa al tavolo tecnico: dove – spiega il presidente – si era detto che il gettito fiscale aggiuntivo andava applicato non alle nuove concessioni e nemmeno alle nuove società insediate sul territorio, ma su società già esistenti  e concessioni già presenti e soggette a incrementi di produzione, sulla base di atti amministrativi e nuovi accordi. E in numeri il grande bluff si traduce in questo: la maggiore entrata fiscale per lo Stato sull’aumento complessivo era stata determinata in 30 miliardi di euro in 20 anni, mentre il decreto pone un limite di 50 milioni di euro annui. Si capisce quale sia il danno per la Basilicata, visto che una parte di queste maggiori entrate avrebbe dovuto finanziare progetti in regione sui quattro assi individuati dal Memorandum sottoscritto nel 2011 dall’ora dirigente del dipartimento energia del Mise, Stefano Saglia, il governatore De Filippo e il senatore, Guido Viceconte, all’epoca dei fatti sottosegretario al Miur:  ambiente, infrastrutture, nuova occupazione derivante dalle attività di ricerca e costituzione di un cluster per l’energia. Un anno dopo, l’articolo 16 della legge sulle liberalizzazioni sembra dar forma agli enunciamneti di principio contenuti del memorandum che in pratica dice: sì all’aumento di produzione, ma solo in cambio di maggiori vantaggi per la Basilicata, attraverso lo spostamento delle risorse derivanti su nuovi “strumenti” in grado di generare sviluppo. Solo che, nel passaggio dalle parole ai fatti, qualcosa, anzi molto, si è perso per strada.

 Senza tener conto – sottolinea ancora il presidente nella lettera – che il provvedimento interministariale  «costringerebbe pure la Regione a sottomettersi a nuove concessioni previste dalla “strategia energetica nazionale” che, al momento della sottoscrizione del memorandum neppure esisteva».

Per questo – dice De Filippo – il decreto va considerato «solo l’inizio, solo una base da implementare». In tempi rapidi, aggiunge il governatore. Perché il provvedimento così com’è non consente alla Basilicata di raccogliere quelle opportunità che potrebbero derivare dalle attività estrattive, per favorire uno sviluppo non solo locale ma funzionale a il Paese. Il governatore chiede «di rivedere integralmente i presupposti per il calcolo del contributo giacché le valutazioni fatte in un anno di confronto anche al tavolo tecnico consideravano».

m.labanca@luedi.it

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