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LE recenti dichiarazioni del presidente Pittella sulla sua presunta vittoria per 1 a 0 contro il Governo nazionale e perché no di fatto contro lo Stato mi hanno procurato un misto di orgoglio e divertimento. Mi è sembrato per un momento di essere tornato la scuola o di essere a cinema o allo stadio e l’immagine più immediata che mi è venuta in mente è stata quella di Davide che sconfigge Golia. Se l’ultima esternazione la si colloca nella comunicazione politica sempre divertente del Nostro non si può non evidenziare il quadro quasi epico, entro cui egli si muove, fatto di  messaggi straordinariamente suggestivi che solo la penna di un novello Tolstoj  saprebbe tradurre in scenari letterari da affidare alla futura storia della Basilicata. Ma stando terra terra, se il problema è soltanto di natura mediatica, mi sia consentito rivolgere al Governatore un consiglio, ancorchè non richiesto: assuma un bravo esperto di comunicazione. Di ridicolo si può anche morire. Caro presidente, non ci può essere, se si ha un minimo di senso delle istituzioni, la vittoria di una istituzione su un’altra, di cui si fa parte e da cui dipende la propria esistenza. Ci può essere dialettica, confronto anche duro e infine sintesi decisionale,  non certo un vincitore ed uno sconfitto.

E veniamo al merito della questione petrolio. Il premier Renzi ha ottenuto quello che voleva: raddoppiare la  quantità di estrazione del petrolio, un obiettivo che è nell’interesse del Paese, e l’ha ottenuta contro la posizione localistica e  spesso irragionevole espressa finora dalla classe dirigente regionale di impedirne l’agibilità. Spero che qualcuno si ricorderà le affermazioni barricadere sin qui pronunciate dai nostri governanti, assecondando i soliti quanto modesti movimenti ambientalisti che se potessero fermerebbero l’orologio a qualche secolo addietro. In realtà, Renzi  ha fatto molto di più: ha imposto alla regione di destinare le royalties del petrolio ad investimenti e ricerca e si riserva di vigilare sul rispetto di tale decisione.

Si tratta di un capovolgimento a 180 gradi di quanto in materia si è finora fatto dalla politica regionale: le risorse in questione  non saranno  sprecate per fare clientelismo nella sanità, nella forestazione, nelle vaste aree  assistenziali come il reddito di cittadinanza, ma dovranno produrre effetti significativi all’interno del sistema economico. Andranno ad alimentare le spese in conto capitale, di cui c’è estremamente bisogno, a danno della spesa corrente, in cui è impantanata l’economia e l’occupazione regionale.

Potremmo essere avanti ad un passaggio epocale nel modo in cui utilizzare i fondi pubblici.

Il condizionale è d’obbligo:la storia economica della regione è piena di grandi risorse affluite in Basilicata  che hanno generato solo sottosviluppo.

Le royalties a disposizione anche col raddoppio dell’attività estrattiva non saranno decisive per riorganizzare il sistema produttivo, ma avranno comunque il loro peso sulle finanze regionali, potendo determinare almeno tre effetti economici ed amministratici indotti di grande significato e cioè: 1°, la necessità imposta alla regione da Renzi (meno male che c’è) di adottare  un metodo innovativo nella individuazione degli obiettivi di sviluppo e delle strategie per perseguirli, 2°,  la esigenza di raccordare tali risorse a quelle già disponibili con altre fonti di finanziamento (fondi nazionali e comunitari, investimenti privati), 3°, rivedere la organizzazione che gestisce l’insieme dei fondi, elevandone le competenze e le professionalità, cosa non facile per strutture abituate ad assicurare,quando tutto va bene,  le procedure di spesa, ma  poco capaci di prospettare ai politici il ventaglio di alternative nell’uso delle risorse perché questi ultimi possano decidere per il meglio (in realtà, sono gli stessi politici che non si sognano di porre problemi del genere  ai tecnici, è il classico cane che si morde la coda).  Potremmo essere di fronte ad una vera rivoluzione politica ed amministrativa, finalizzata a garantire efficacia  e efficienza e dunque qualità della spesa pubblica, a collocare la spesa corrente finalmente negli alvei propri di fornitura di buoni servizi. La cosa non è certamente facile:gli addetti ai lavori (politici, burocrati, sindacati, imprenditori, ecc.) sono abituati a campare  prevalentemente sulla spesa corrente, di cui beneficia la Basilicata in termini procapite in misura più elevata rispetto al resto del Mezzogiorno e dell’Italia. Le modalità di acquisizione del consenso  dei suddetti sono basate su politiche distributive  a breve termine che determinano una sorta di capitalismo politico ed economico di chiaro ostacolo allo sviluppo regionale. Spostare l’accento sugli investimenti significa porsi obiettivi di lungo termine che non producono effetti immediati e questo è chiaramente un problema poco o per nulla contemplato nella logica, nella capacità decisionale e negli interessi  reali del potere dominante.   Ora dunque viene il bello. Saprà questa classe dirigente autoriformarsi, mettendo in discussione i suoi privilegi non compatibili con una Basilicata moderna? Mi sia consentito avere qualche dubbio. Ma se i rivoluzionari a chiacchiere sapranno diventare tali nella realtà, sarò il primo ad esserne contento.

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