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POTENZA – «Un ragazzo che faceva la povera vita», lavorava in una pescheria, e viaggiava da Scanzano al mercato di Taranto quasi ogni mattina. Fino a quando non si è scoperto “imprenditore”, al centro di inchieste su traffici di armi e cocaina tra il napoletano, Gioia Tauro, Taranto e Altamura, oltre alla “sua” Basilicata. L’hanno accusato di aver lanciato una molotov sull’auto di un poliziotto che “non filava dritto”. Ed è finito in carcere per aver pestato a sangue un pizzaiolo che gli aveva chiesto di saldare il credito di due dei suoi amici. Chissà perché proprio a lui.

E’ una storia criminale quella di Michele Puce, 37enne di Scanzano, finito nell’ultima inchiesta della Dda di Lecce su un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti di base nella città dei due mari.

Una storia raccolta nei nastri dei carabinieri che il 17 novembre del 2010 hanno raccolto una testimonianza eccezionale sull’ascesa di quel giovane pescivendolo lucano diventato all’improvviso un gangster temuto e rispettato, persino più dei narcos colombiani.

A parlare di “Michele”, prima identificato «quasi certamente» e poi in maniera «compiuta», in Michele Puce è Cataldo Missiano, un pregiudicato tarantino in contatto con esponenti di spicco della mala della sua città.

Anche Missiano è finito in carcere lunedì scorso assieme ad altri 26 persone tra cui il policorese Cosimo Vena e Francesco Gaeta, anche lui di Scanzano.

Missiano racconta vicino alle microspie piazzate dagli uomini dell’Arma di quando Puce andava da lui, durante le sue trasferte per acquistare il pesce, per rifornirsi di  20-30 grammi di cocaina alla settimana, che poi spacciava dalle sue parti.

«Io gli davo 20-30 grammi la settimana… veniva da me… sempre preciso… teneva una pescheria…. veniva a comprare il pesce da Di Comite… i frutti di mare… le cose a Taranto… mi ha mandato a chiamare… ho detto: “Che vuole il servizio? Da me vuole questo. Fammi andare a vedere”. Sono arrivato là davanti Giovanni. Va camminando con un Porsche Cayenne. 120Mila euro. Il Porsche il gippone».

A quel punto infatti i ruoli si erano invertiti ed era Puce che pensava di vendere al suo vecchio spacciatore armi e droga. Tutto quello di cui poteva avere bisogno.

«Tengono il macello tengono Giovanni… un macello tengono Giovanni». Dice Missiano rivolto al suo interlocutore. «Ma chi se la prende questa responsabilità… a a chi lo devo vendere io? No, a chi lo vendo?  Voglio dire, Giovanni, come si pagano 30mila euro in una settimana-dieci giorni… è impossibile… impossibile… questi una settimana-dieci giorni mi danno (…) vengono qua e ci sparano. No dalla Colombia. Vengono da qua. In 3 minuti vengono (…) Questo è un ragazzo che era che io la davo a lui. Il 20, il 30, il 50. Giovanni tengono un impero!»

Più avanti il pregiudicato tarantino spiega. «Mi hanno mandato a chiamare: “Le vuoi 10 pistole?” Me le ha fatte vedere Giovanni. Il macello tengono. Roba nuova. Con le pistole… Non me li sono presi per il prezzo. Vogliono 2mila euro l’una… Nuove nuove… con i cartellini, Giovanni. Doppi caricatori: 100 colpi a pistola. Nuove, nuove (…) Ha detto: “Io sopra al Tamburi 30 pezzi ho dato adesso”. Ha detto “30 pezzi a 2500 euro l’una”. Ho detto: “No, non mi interessa. Non mi interessa”. Ho detto. “Ne devo comprare una per me… la prendo e la pago”».

Missiano spiega di essere disposto a cedere la coca acquistata da Puce a qualcun altro della banda, ma soltanto se sarà puntuale nei pagamenti perché il rischio è altissimo.

«Io guai non ne voglio sennò… poi divento Rambo eh! Poi lo sparo veramente a Ferruccio”! Giovanni se quelli vengono a sparare a me… si fa male Ferruccio… quelli sparano Giovanni… Quelli mi sparano».

In un passaggio della conversazione registrata dai militari viene anche riferito quanto avrebbe detto Puce in persona a proposito di un maxi sequestro effettuato qualche giorno prima nel porto di Gioia Tauro.

«Hai visto che sequestro hanno fatto? Gioia Tauro! 10 quintali… 10 quintali… Due container pieni, pieni. Mai visto una cosa del genere in Italia. Un sequestro del genere mai. 10 quintali Giovanni. Dal Brasile. Non c’hanno spartito bene. Qualcuno non ha mangiato là e ha fatto l’infamità. Avanti ieri sono stato a Scanzano io un’altra volta. Ha detto: “Hai visto Aldo che cosa è successo? In mezzo là stava la nostra».

La coca degli scanzanesi in mezzo ai 10 quintali scoperti in un porto spesso utilizzato dalla ‘ndragheta per i suoi loschi affari.

Poi c’è la questione delle armi.

«Mi ha aperto una cassa Giovanni. Disse: “Portatele tutte!” Senza soldi. “Portatele tutte”. Però mi devi dare 2mila euro a pezzo… nuove tutte con i cartellini… Giovanni… 38, calibro 9. “Vuoi un fucile a pompa? Vuoi un Kalashnikov? Qual’è il problema? Vieni e prenditi quello che vuoi”. Sono ragazzi da guerra (…) Mi volevano dare 10 pistole… “prendili e portateli”. Ho detto: “Mi devi dare 10 giorni di tempo”. Ha detto: “Pure 15”. Ha detto: “Adesso arriva la bianca”. Quelli per le pistole mi avevano chiamato Giovanni… Tengono la 7 bifilare… no la sette colpi eh… la 7… uno spettacolo… l’altro giorno… me la sono comprata io Giovanni… me la sono presa… domani me la vado a prendere… che non me la sono presa l’altra sera. “Prenditela e portatela. Prendi e portati questa”. Ho detto no. Ha detto: “E’ per te, personale… 2mila euro mi devi dare, quanto la pago”. Siamo andati a una parte. Mi ha portato in una casa, Giovanni, brutta brutta. Ha uscito 7 pistole: due 38, una lunga e una corta (…) questa ho preso… domani devo andarla a prendere… io per le pistole sono andato là, Giovanni! Ha detto: “Questa qua è personale a te. Prendila e portatela”. Ho detto: “Soldi non ne tengo”. Ha detto: “Fra un mese, fra due mesi”. Che ti deve dire di più il ragazzo».

Armi e droga purissima. Quella spacciata da Puce e i suoi amici. Missiano ne è convinto.

«Giovanni ha detto a me che loro non la toccano. Giovanni ha detto: “Aldo a 50. A 50 la pago io Aldo. Dieci euro le devo prendere?” Scaglie. Ha detto: “Scaglie. Bella. Cristallina”. Se arriva domani, vediamo. Asesso non vorrei che quel casino che è successo là… Perché Giovanni… Dieci quintali… Assai! Assai! Non che… Mi ha fatto vedere… Tutti a pacchi… Un chilo e 75 grammi di più…»

«Il gruppo lucano – scrive il gip che ha firmato l’ordinanza eseguita lunedì – prelevava armi direttamente da Napoli provenienti da una fabbrica di Treviso riuscendo a rifornire una clientela abbastanza estesa».

E’ ancora una volta Missiano a chiarire come stanno le cose.

«Fucili a pompa… il macello tengono Giovanni…» il macello… Rova di.. dalle fabbriche… nelle fabbriche… un una fabbrica di Treviso… Giovanni… A Treviso sta la fabbrica e dice che escono 40, 50, 60 pezzi alla volta. Allora da Treviso si fermano a Napoli. Stanno contenti a tutti (…) Lui ne ha avuta una corta proprio (…) Ce ne andammo da sopra il posto da dentro a una casa in un residence,,, non un residence… da dentro un villaggio che là tiene dei villaggi che d’estate lavorano e tiene lui un appartamento (…) Giovanni sembra che sta comprando un pantalone». 

La conclusione di Missiano al suo interlocutore è ancora più chiara.

«Giovanni, questi qua in poche… adesso per non ti fare una testa di chiacchiere… tengono a che fare con quelli della Calabria… da quel macello che è successo… questo va sbattendo… le pistole le tiene e buttare Giovanni… che io per quelle sto andando pure Giovanni… che una la devo prendere io… e due le tengo vendute… le tengo vendute già a prezzo di costo… a pezzo mi costano  (…) adesso mettiti nei panni miei no.. mettiti nei panni mieri… 50 ne devo avere… se me lo da… me lo da… come lo do a Ferruccio io Giovanni… Giovanni tu… ti devi mettere nei panni miei no? Tu lo stai dicendo che tra una settimana arriva… che quelli ti stanno dicendo… ma tu Giovanni li credi ancora a questi… ma tu gli credi… ancora a questi… ma tu gli credo… io Giovanni non gli credo più… dopo tanta merda… come faccio se quelli… non arriva il coso Giovanni… io con questi come faccio? Dimmi tu. Vuoi che mi devono sparare? Mi faccio sparare? Io una parola posso dirgli… se a posto di 100 me ne da 200… ne da 300…»

La mala dello Jonio sembra aver trovato un nuovo boss.

l.amato@luedi.it

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