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REGGIO CALABRIA – «Mi trovavo sola, a piedi. Ero vicina al museo, a piazza De Nava. Stavo parlando al telefonino con mia cugina, dopo averla accompagnata a casa. Scherzavamo al telefono e ridevo. A un certo punto ho sentito una stretta ai capelli e una spinta violenta. Non capivo cosa stesse succedendo. Ho visto dei piedi mentre la mia testa scendeva. Mi ha sbattuto con la fronte contro l’asfalto. Con forza. Una volta sola. Poi mi ha lasciato. Mi è passato davanti e ha continuato a camminare lento.  Come se nulla fosse». 

Claudia M., diciassette anni,  è ancora scioccata. A tre giorni dall’aggressione subita in pieno centro a Reggio Calabria, quel ricordo, più e più volte le ritorna in mente. Insistente. Lui, l’aggressore trentaduenne ora in carcere, avrebbe detto ai carabinieri che pensava “ridesse di lui”.

Ventuno giorni di prognosi. Trauma cranico e al collo. Tra due settimane Claudia dovrà ripetere gli esami per capire se ci sono o meno complicazioni. A casa con lei ci sono mamma Giulia e papà Domenico, insieme a nonno Francesco. Ci accolgono gentili e ancora provati da quanto successo. Claudia è con loro. Arriva anche una amica. Tante le visite di compagni e parenti in questi giorni. Desiderosi di capire il perchè di questa «aggressione insensata, violenta, per fortuna breve», sottolineano.

 

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