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Il tribunale di Milano

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MILANO – La cosca della ‘ndrangheta dei Flachi era una sorta di «agenzia di collocamento», perché dava lavoro a persone che avevano «bisogno di procurarsi una occupazione per sé o per i propri cari» nel Centro Sportivo Iseo di proprietà del Comune di Milano nel rione Affori e che, in sostanza, sarebbe stato controllato e diretto dal clan fino al marzo del 2011, quando scattarono gli arresti. Lo scrivono i giudici della settima sezione penale di Milano nelle motivazioni, da poco depositate, della sentenza con cui, lo scorso 26 febbraio, hanno inflitto 16 condanne, tra cui quella a 20 anni e 4 mesi per lo “storico” esponente della mafia calabrese in Lombardia, il reggino Pepè Flachi, detto il “boss della Comasina”, erede nel quartiere di Vallanzasca.   

I giudici segnalano nelle motivazioni anche un altro episodio, che era già emerso nell’ambito delle indagini: una cena «al ristorante milanese “Gente di Mare”», il 5 giugno 2009, in cui «personaggi di spicco della ‘ndrangheta calabrese» hanno incontrato «personaggi politici». Ci sarebbe stato il presunto boss Paolo Martino – condannato a 17 anni – e con lui, stando alla testimonianza di un investigatore, anche l’ex assessore lombardo, Domenico Zambetti, poi arrestato per voto di scambio e «Emilio Santomauro che era all’epoca consigliere comunale». 

Secondo la Dda di Milano, la cosca di Pepè Flachi avrebbe gestito aziende nel settore del movimento terra, si sarebbe “occupata” della security dei locali della movida e di alcuni negozi sotto la metropolitana milanese. In più i presunti affiliati avrebbero estorto soldi ai venditori di panini dei chioschi, “piazzati” sempre nelle strade della movida milanese, e si sarebbero infiltrati, tramite la società Mfm, nell’attività della multinazionale Tnt e, in particolare, nel servizio di distribuzione di pacchi e lettere.   

I giudici (Barazzetta-Calabi-Rossi) nelle oltre duemila pagine di motivazioni ricostruiscono anche l’influenza del clan sul Centro sportivo Iseo, che aveva fatto scrivere al gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell’ordinanza di custodia cautelare che «il comune di Milano, senza averne consapevolezza finanzia (all’epoca dei fatti, ndr) il gruppo Flachi e ne sostiene le iniziative economiche». Il centro risultava gestito dalla società ‘Milano sportiva A.s.d.’ Tanto che Davide Flachi aveva «la piena disponibilità della struttura – scrivono i giudici – e questo si concretizzava anche nella possibilità di “offrire” lavoro in maniera assolutamente regolare a chi egli avesse voluto». Gli uomini del clan, secondo i giudici, erano anche a conoscenza, ad esempio, «della firma del contratto per la fornitura del servizio catering al Centro Sportivo Iseo», in occasione di un «Capodanno degli anziani organizzato dal Comune di Milano».

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