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A volte nei social c’è la letteratura, altro che. Un caso è sicuramente questo post di Giuseppe Genna. Ricordando un parrucchiere lucano a Milano, il 46enne scrittore milanese riesce a raccontare anche certa emigrazione dai tratti moderni eppure mitologici.

E a dipingere, nelle ultime due righe – meno di venti parole – un affresco della Basilicata che vale mille narrazioni, come le chiamano ora. Riproduciamo il post di Genna integralmente, ché toccarlo anche minimamente significherebbe fargli violenza. Intanto, un abbraccio a Mario, anche se non l’abbiamo conosciuto ma leggendo qui è come se lo conoscessimo da sempre.

«Questo è Mario, il parrucchiere Mario di via Ripamonti. Mentre ero in ospedale, è morto: un infarto miocardico acuto. Era a casa, solo, come sempre, gli piaceva stare da solo, non voleva innamorarsi. Veniva dalla Basilicata e mi aveva dato parecchi suggerimenti per scrivere alcune cose per un film di Davide Manuli. Era il barbiere di Morando Morandini, anche, e anche di Philopat. Andavo da lui a rilassarmi. Con la sua voce nasale e gutturale, faceva un baccano continuo e non potevo rilassarmi. E allora? Chi se ne fregava? Andava in montagna, in Val Sesia, per funghi, mangiava con Gianna Nannini, spettegolava, era rumoroso e vitalista. Suo papà fu medaglia d’oro al valore nella Seconda e lui mi accolse, la prima volta che ci entrai, così: “Quel pezzo di merda di Napolitano, gli ho scritto per la medaglia di mio padre, quello col cazzo che ti risponde”. Sapeva tutto di: funghi, calcio, donne di un certo tipo, prostata, cuore, mangiare bene e sano, bere e smettere. Fumava tre sigarette al giorno. Ti pigliava costantemente per il culo. Era addirittura fastidioso, spesso il lunedì, quando non lavorava. Ti faceva la barba e usava i panni caldi se glielo chiedevi. Faceva le grigliate. Un cagnone lo amava tantissimo. Quella del colorificio lo guardava strano e io so perché. Insomma, era un amico. Mi manca, sono stato malissimo quando Clo mi ha telefonato in ospedale dicendomi: “C’è una brutta notizia: è morto Mario”. Davvero sono stato male male male e non per la colecisti, che ancora mi devono operare. Non ho potuto andare al funerale, sono dispiaciuto.
Qui Mario è dentro al Picchio, fotografato dal mio arcaico device, con dietro Sergio. E’ stato il Picchio a scavalcare la finestra andando sui cornicioni, trovando il cadavere. Il Picchio e Mario a me sono sempre sembrati Mildred & George. E quelle visioni di azzurro cielo da cui esalavano a precipizio i boschi cupi lucani, quei laghi, quelle pietre millenarie, Mario…».

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