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POTENZA – Domenico Teta, 41enne di Balvano, è stato rinviato a giudizio ieri pomeriggio dal gup di Potenza, con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di due minorenni.
L’uomo, difeso dall’avvocato Piervito Bardi, è imputato a piede libero per diversi episodi avvenuti anche all’interno della casa famiglia in cui erano ospitate le due vittime dei presunti abusi, oltre che, in un caso, nel reparto di pediatria dell’Ospedale San Carlo di Potenza.
I fatti risalgono al 2010 quando Teta, amico della madre di uno dei due ragazzi, li avrebbe approcciati nella comunità a cui erano stati affidati dai servizi sociali, sottraendoli entrambi a un contesto familiare degradato.
Accompagnando la donna ai colloqui autorizzati col figlio, ne avrebbe «carpito la fiducia», riuscendo a sostituirsi alla «mancante figura paterna». Così scrive il pm Daniela Pannone nel capo d’imputazione nei suoi confronti.
Poi però avrebbe iniziato ad assillare il ragazzo inviandogli messaggi spinti e costringendolo a dormire «solo con lui, in particolare nei fine settimana». Quando al ragazzo era concesso di tornare nella sua vecchia casa.
«Proponeva di trascorrere la serata fuori paese – spiega ancora il pm – e nel farvi rientro, adducendo come scusa una presunta stanchezza, si rifiutava» di accompagnarli a casa, invitandoli da lui.
Una volta lì, con varie scuse, sarebbe riuscito a convincere il ragazzo a stare nel suo letto, e ne avrebbe abusato sessualmente. In un’occasione toccandolo e basta, e in un’altra “strappandogli” un rapporto sessuale completo, «nella convinzione che il ragazzo dormisse». Per poi lasciarlo «dietro la porta della camera da letto a piangere».
Il tutto sarebbe avvenuto mentre la madre era nell’altra stanza. Motivo per cui anche lei, assistita dall’avvocato Rosamaria Valicenti, è stata rinviata a giudizio con l’accusa di non essere intervenuta per impedire la violenza.
L’incubo sarebbe andato avanti fino a quando un’operatrice della casa famiglia non si è accorta di un sms particolarmente spinto inviato al ragazzo.
Così è venuta alla luce anche la seconda vittima, che condivideva la stanza nella struttura protetta col figlio dell’amica di Teta, e sarebbe stata “agganciata” durante i colloqui a cui l’uomo partecipava come “finto padre”.
Teta si sarebbe fatto dare il suo numero di telefono e avrebbe cominciato a tempestarlo di proposte sessuali molto esplicite, cercando «con insistenza di convincerlo a cedere (…) minacciandolo anche di morte».
«Approfittando delle momentanee assenze degli operatori presenti nella comunità», spiega ancora il pm, l’avrebbe abbracciato, toccato e baciato. Ma non si sarebbe fermato di fronte a nulla, tant’è che il capo d’imputazione nei suoi confronti include un episodio che sarebbe avvenuto all’interno del reparto di pediatria dell’Ospedale San Carlo di Potenza, dove la sua giovane vittima era ricoverata per problemi di tachicardia.
«Abusando della condizione di inferitorità psichica» del ragazzo, «immobile sul letto con la flebo attaccata a un braccio e con il rilevatore dei battiti cardiaci attaccato all’altro braccio», Teta sarebbe entrato nella sua stanza e avrebbe chiuso la porta dietro di sè.
Poi gli avrebbe infilato la mano nel pantalone del pigiama, costringendolo con l’altra a toccarlo nelle parti intime. «Nonostante il minore impaurito avesse cominciato a piangere e gli avesse chiesto di andare via». Evidenzia il magistrato. «Fino a quando l’apparecchiatura rivelatrice dei battiti cardiaci iniziava a suonare a causa di un’accelerazione degli stessi, circostanza che induceva Teta ad allontanarsi».
L’uomo avrebbe anche minacciato il giovane di morte, «se non avesse continuato a mantenere il silenzio».
Ieri in aula entrambi i ragazzi si sono costituiti come parte civile assistiti dall’avvocato Guglielmo Binetti.
La prima udienza del dibattimento si svolgerà il 18 gennaio 2016.

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