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COSENZA – Sentenza notturna per “Missing”, uno dei più importanti processi di ‘ndrangheta concentrato sulla sanguinosa guerra di mafia tra i clan cosentini al potere. A pronunciarsi, poco prima della mezzanotte di ieri, i giudici della Corte di Assise di Appello di Catanzaro (presidente Talarico, a latere Petrini), che hanno ribaltato, soprattutto per quanto riguarda gli ergastoli, la sentenza di primo grado, emessa il 17 maggio di due anni fa dalla Corte di Assise di Cosenza, presieduta dal giudice Onorati. Quel giorno (erano le 11 del mattino) furono comminati quattro ergastoli. Ieri ne sono stati inflitti nove  in più, per un totale, dunque, di quattordici. Una trentina le condanne, per oltre tre secoli di carcere.

 Al vaglio dei giudici catanzaresi la posizione di una quarantina di imputati (tra presunti boss, affiliati e collaboratori di giustizia) per altrettanti omicidi, commessi tra gli anni Ottanta e Novanta nel Cosentino, durante la  guerra tra i clan “Pino-Sena” e “Perna-Pranno”. Tra gli agguati spicca quello del direttore del carcere di Cosenza Sergio Cosmai, ucciso il 12 marzo del 1985 lungo il viale bruzio che ora porta (insieme al penitenziario di via Popilia) il suo nome. Un uomo dello Stato che si era opposto ai boss che volevano dettare legge anche all’interno del carcere. Ci sono anche gli omicidi, efferati, di due ragazzini, ossia Pasqualino Perri (Rende, 27 ottobre 1978), ucciso mentre era a cena col padre, e Francesco Bruni jr (Carolei, 8 novembre 1991), accoltellato, strangolato e poi scannato. 

Di grosso calibro i nomi degli imputati: su tutti Franco Perna e Franco Pino (storica la loro stretta di mano, nel 1992 in un noto bar di Cosenza, per sancire, dopo tanti morti, la pace). Ci sono anche Franco Muto, il “re del pesce” di Cetraro,  Gianfranco Ruà,  Domenico Cicero, della originaria cosca Perna-Pranno, e Pasquale Bruni, dell’omonimo gruppo criminale.

Così come accadde a Cosenza, ieri nell’aula della Corte di Appello c’erano molti parenti, controllati a vista da un nutrito gruppo di esponenti delle forze dell’ordine. Visi tesi e speranze di assoluzione. Dopo le 23 la lettura della sentenza, durata diversi minuti per il gran numero di imputati.

GLI ERGASTOLI. Le pene massime, comprensive di un periodo di isolamento diurno, sono state inflitte a Giancarlo Anselmo (in primo grado condannato a 25 anni), Lorenzo Brescia (che partiva da 27), Giuseppe Ruffolo (29), Gianfranco Bruni (23), Giulio Castiglia (25), Silvio Chiodo (23 anni in primo grado), Domenico Cicero (23), Giovanni Abbruzzese (25), Edgardo Greco (25 anni), Francesco Perna (conferma), Gianfranco Ruà (conferma), Romeo Calvano (conferma) e Pasquale Pranno (conferma).

CONDANNE E ASSOLUZIONI. Per quanto riguarda gli altri imputati lieve modifica di pena per Mario Musacco che dai 22 anni e mezzo del primo grado è passato ai 21 del secondo; Giuseppe Iirillo è passato dai 22 del primo grado ai 21 del secondo grado; Fioravante Abbruzzese dai 25 ai 24. Spicca la condanna di Pasquale Bruni, che dall’assoluzione è passato ai 21 anni di reclusione. Rinaldo Mannarino e Vincenzo Bianchino sono invece passati dalla condanna del primo grado (rispettivamente a 14 e 25 anni di reclusione) all’assoluzione del secondo. Confermati i 23 anni per Francesco Pirola e i 16 anni di reclusione per Antonio De Rose.

Confermate le sentenze per i collaboratori di giustizia. Aldo Acri è stato condannato a 15 anni e mezzo; Umile Arturi a 14; Nicola Belmonte a 12 anni e mezzo; Pierluigi Berardi a 12 anni per l’assassinio; l’ex contabile delle cosche, Vincenzo Dedato, di Pizzo Calabro, è stato condannato a 12 anni di reclusione. Il cosentino Franco Garofalo a 14 anni e mezzo. Dario Notargiacomo a 12 anni. L’ex boss cosentino Franco Pino, capo della cosca contrapposta a quella “Perna-Pranno”, a 14 anni e mezzo. Angelo Santolla è stato condannato a 18 anni; Giuliano Serpa a 13; Francesco Tedesco a 13 anni e mezzo; Ferdinando, Francesco Saverio e Giuseppe Vitelli, infine, a rispettivi 12 anni e mezzo, 19 e 18 anni e mezzo di reclusione.

«Giustizia non è stata fatta», ha commentato a caldo l’avvocato Marcello Manna, componente del ricco collegio difensivo del quale fanno parte, tra gli altri, i penalisti Antonio Quintieri, Matteo Cristiani, Aldo Cribari, Luca Acciardi, Rossana Cribari, Piergiuseppe Cutrì, Paolo Pisani, Filippo Cinnante, Antonio Ingrosso, Antonio Feraco, Gianluca Garritano e Massimo Petrone.  Il pg era Eugenio Facciolla. E già si pensa alla Cassazione…

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