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CATANZARO – E’ morto questa notte, nella sua abitazione di Catanzaro, nel rione Corvo, Quirino Ledda, ex vice presidente del consiglio regionale, storico dirigente del Pci e della Federbraccianti. 

Il decesso, avvenuto probabilmente a causa di un infarto, è stato scoperto stamane dalla donna delle pulizie che si è recata nell’appartamento in cui Ledda vive da solo. Dopo una lunga militanza politica e sindacale, Quirino Ledda, negli ultimi anni, era stato dirigente della Legacoop regionale. 

Domani venerdi 8 maggio, alle 16, è fissata la commemorazione laica a Catanzaro in via Bezzecca, nel quartiere Corvo, nei pressi dell’abitazione di Ledda. La camera ardente in memoria di Quirino Ledda si terrà, sempre a Catanzaro, nella sede della Legacoop, sempre venerdì 8 maggio dalle 11 alle 15,30.

La sua è stata un’esistenza spesa al servizio degli ideali della sinistra e dell’impegno sociale. Recentemente era stato profondamente colpito dalla scomparsa dell’amatissima moglie Amelia, dalla quale aveva avuto due figli. Il 17 marzo 1982, al culmine della sua attività politica, subì un gravissimo attentato, quando ignoti collocarono una bomba davanti al suo appartamento.

Una carriera politica e sindacale lunghissima, iniziata con la scuola di formazione del Pci, alle Frattocchie, a Roma. Lì il giovane Ledda, fratello del responsabile esteri del partito, Romano, mosse i primi passi del suo impegno pubblico. 

«Sardo di nascita, ma calabrese d’adozione» amava definirsi. Divenne presto segretario provinciale della Gioventù Comunista di Catanzaro e successivamente segretario regionale. Dopo alcuni suoi interventi contro l’espulsione dei “dissidenti”, il gruppo “capitanato” da Luigi Pintor che poi diede vita a “il Manifesto”, fu inviato dal partito a “maturare” nel Vibonese, quale segretario provinciale della Federbraccianti. 

In seguito, segretario regionale della stessa organizzazione di rappresentanza dei braccianti agricoli, fino al 1980, quando, candidato al Consiglio regionale calabrese risultò il secondo degli eletti. Il 17 marzo 1982, l’attentato esplosivo alla sua abitazione, con conseguenze gravissime per la sua famiglia. Le autorità parlarono di un tentativo di strage. Successivamente, alle politiche dell’83, la proposta fatta dallo stesso Pci di un seggio in Parlamento, rifiutata «perche’ non fosse interpretata come fuga di fronte alla mafia». Nel 1985 la vicepresidenza del Consiglio regionale e poi la lunga esperienza nelle Legacop calabrese, della quale è stato dirigente.

 

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