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MOTTAFOLLONE – È una vicenda antica, con la quale Mottafollone convive da oltre un secolo: quella delle ossa umane contenute nella cripta della chiesa di Santa Maria della Motta. Circa venticinque anni fa l’amministrazione comunale guidata da Carmelo Basile ha effettuato un primo intervento di bonifica, mentre l’attuale amministrazione – guidata dal fratello dell’ex sindaco – Romeo Basile, di cui l’ex primo cittadino è presidente del consiglio, ha messo la questione al primo punto del suo programma elettorale e, dunque, di governo. 

Ma per rimuovere quelle ossa, che giacciono lì da secoli, ci vuole l’intervento di una ditta specializzata e un impegno di spesa di almeno trentamila euro. «Soldi – dice il sindaco – che il Comune non ha ancora. Bisogna tenere conto – ha commentato il promo cittadino eletto nel maggio scorso – che siamo all’amministrazione solo da quattro mesi e che i luoghi sono di proprietà della curia. Abbiamo cercato una soluzione, insieme al prete della parrocchia, ma la spesa per il Comune non è di poco conto. Senza contare che, una volta tolti da lì, quelle ossa dovranno essere sistemate nell’ossario comunale, che è già pieno di suo».

«Ci determineremo – ha concluso il sindaco di Mottafollone – anche su eventuali abusi commessi da chi ha forzato l’ingresso alle criptiche che era inibito da un porta munita di lucchetto». Non si tratta, dunque, di una “cascina degli orrori”, ma di un luogo in uso prima dell’editto napoleonico del 12 giugno 1804, il cosiddetto editto di Saint Cloud che stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali per evitare discriminazioni tra i morti. Ma nel Sud Italia l’editto è stato disatteso per molto tempo. Nelle chiese medievali, come quella di Santa Maria della Motta – colpita dal terremoto del 1908 – erano presenti vani sotto il pavimento per il deposito dei cadaveri. 

Per l’antica chiesa di Mottafollone, posta nel centro storico, non si tratta di semplici fosse ma di cripte vere e proprie, con volta in pietra, accessibili dall’esterno mediante due ampi ingressi ad arco da via della Gorga. Sul pavimento della chiesa erano situate diverse botole: nel presbiterio c’era quella per i sacerdoti; poi c’era la botola per i bambini; quella delle vergini; e quella per i cadaveri comuni. Secondo una stima redatta dal parroco-storico don Fiore Borrelli, desunta dai registri parrocchiali dal 1770 al 1880, i cadaveri gettati nelle cripte sarebbero oltre quattromila. Di cui ora la comunità dovrà farsi carico.

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