X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

Il gruppo criminale coinvolto nell’indagine che ha portato ai due fermi da parte dei carabinieri di Reggio, questa mattina, ha il controllo, secondo l’accusa, delle attività illecite nei quartieri Condera e Pietrastorta, nella zona nord della città. I fermati hanno entrambi un ruolo di vertice nella cosca Crucitti, gravitante nell’orbita del gruppo De Stefano-Tegano, che ha sempre avuto un ruolo di primo piano nel contesto criminale reggino.
Dalle indagini, secondo quanto riferito dai carabinieri, è emersa una pressione asfissiante nei confronti di commercianti al fine di acquisire il controllo delle loro attività. La forza finanziaria della cosca Crucitti era legata, in particolare, all’intermediazione del credito e all’attività imprenditoriale nel settore edile. Gli arrestati nell’operazione, denominata «Raccordo», sono Santo Crucitti, 48 anni, imprenditore edile, considerato «Capo locale», ed il suo luogotenente, Salvatore Mario Chilà, 48 anni, entrambi di Reggio, accusati, oltre che di una lunga serie di estorsioni e danneggiamenti ai danni di imprenditori e commercianti, di avere tentato di ostacolare i tentativi di esponenti della società civile di creare associazioni socio culturali per lo sviluppo del territorio e la presa di coscienza nella lotta alla mafia.
L’inchiesta ha riguardato anche le intimidazioni messe in atto ai danni di esponenti della società civile.

INDAGATO UN SACERDOTE PER FALSE DICHIARAZIONI
Don Nuccio Cannizzaro, parroco del quartiere Condera di Reggio e maestro di liturgia della Arcidiocesi di Reggio Calabria, è indagato, con l’accusa di false dichiarazioni a pm, nell’inchiesta Raccordo della Dda di Reggio Calabria contro la cosca Crucitti che ha portato al fermo di due persone. L’ipotesi accusatoria nei confronti di don Nuccio Cannizzaro trae origine dalla sua testimonianza al processo contro Santo Crucitti conclusosi lo scorso anno davanti al gip del Tribunale di Reggio Calabria con la condanna del boss a sei anni di reclusione. La testimonianza di Crucitti fu definita “inattendibile» dallo stesso gip.
Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ha detto, incontrando i giornalisti, di avere aperto sulle presunte false dichiarazioni di don Nuccio Cannizzaro una specifica inchiesta. Crucitti è anche indagato, insieme al suo braccio destro, Mario Salvatore Chilà, è accusato anche degli attentati subiti negli attentati subiti da Tiberio Bentivoglio, il commerciante esponente dell’associazione «Reggio non tace» vittima di un ferimento nei mesi scorsi.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, Bentivoglio sarebbe stato punito per la sua intenzione di aprire un’associazione antimafia nel quartiere Condera. «Santo Crucitti – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri, col. Pasquale Angelosanto – nonostante la condanna in primo grado, non aveva affatto cambiato condotta. Era particolarmente attivo nel settore dell’edilizia pubblica e privata e, soprattutto, si avvaleva di una società di intermediazione mobiliare per concedere finanziamenti ad imprenditori in difficoltà economiche, acquisendone le attività in caso di mancata restituzione del credito».

LA CONFERENZA STAMPA
A carico dei due fermati dell’operazione «Raccordo» della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e dei carabinieri viene ipotizzato il reato di associazione mafiosa. Santo Crucitti e Mario Salvatore Chilà – si legge del provvedimento di fermo del Pm – con altre persone ancora da individuare, «avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà» avrebbero conseguito alcuni importanti vantaggi.
In particolare «patrimoniali dalle attività economiche che si svolgevano sul territorio, o attraverso la partecipazione alle stesse, ovvero con la riscossione di somme di danaro a titolo di compendio estorsivo».
I fatti addebitati soprattutto a Santo Crucitti – indicato capo della locale di ‘ndrangheta «Pietrastorta – Condera, partono dal 2005, considerato che per l’attività precedente, il presunto boss, nel febbraio dello scorso anno, era stato condannato in primo grado a sei anni di carcere sempre per reati associativi.
Ad incastrarlo nuovamente sono state le recenti dichiarazioni di pentiti Lo Giudice e Moio e, ovviamente, l’attività investigativa dei carabinieri del comando provinciale. Tra i gravi indizi che hanno portato al provvedimento di fermo – come si legge negli atti della Procura – figurano quelli relativi all’acquisizione, «direttamente o indirettamente, della gestione e del controllo di attività economiche nei più svariati settori»; l’affermazione del «controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi tra organizzazioni analoghe». Altro scopo è quello di mettere in atto «delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilità».
Mario Salvatore Chilà viene indicato uomo di fiducia di Crucitti. Durante l’esecuzione dei provvedimenti di fermo sono state eseguite anche della perquisizioni domiciliari con l’acquisizione di materiale ritenuto interessante: titoli protestati, assegni comprovanti la gestione diretta nel settore dell’edilizia e dell’intermediazione. Alcuni di questi atti comproverebbero che Crucitti interveniva in aiuto di imprenditori in difficoltà, i quali, poi, non potendo onorare il debito, correvano il rischio di perdere l’attività.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE