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REGGIO CALABRIA – Nuova operazione contro le cosce reggine. La Polizia di Stato di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione Orso, condotta dalla Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Gennaro Semeraro, al termine di una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura distrettuale reggina, in particolare dal sostituto procuratore della Dda Gianni Musarò e dal procuratore di Reggio Federico Cafiero de Raho, ha eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei Gallico, operante nella Piana di Gioia Tauro. Le ordinanze sono state eseguite a Palmi e Roma dove ha collaborato la Squadra Mobile capitolina. Le persone destinatarie dei provvedimenti restrittivi sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio ed intestazione fittizia di beni.

 
Contestualmente, nell’ambito della stessa operazione, sono stati sequestrati beni immobili e società per un valore complessivo di sette milioni di euro. Il decreto di sequestro riguarda alcuni beni immobili e società, con sede a Palmi e a Roma; nello specifico a Palmi sono stati sequestrati un palazzo storico, appartamenti e una villetta, mentre a Roma sono stati messi i sigilli a un ristorante-rosticceria e ad altri appartamenti ritenuti riconducibili ai Gallico. La Polizia ha inoltre eseguendo numerose perquisizioni disposte dalla Dda, anche nei confronti di persone non colpite dal provvedimento cautelare.

 
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti gli esponenti del clan Gallico arrestati nell’operazione Orso reinvestivano i proventi delle attività illecite nell’acquisto di beni immobili, come un palazzo storico di Palmi, pagato 450 mila euro quando invece aveva un valore di un milione, che avrebbe dovuto essere demolito per costruire nuovi appartamenti da mettere poi in vendita. 

L’inchiesta ha fatto luce, dunque, sulla governance del patrimonio immobiliare della cosca Gallico, individuato a Palmi ed a Roma, e sulle capacità della ‘ndrina di
manovrare una moltitudine di soggetti disponibili a fungere da prestanome per consentire la schermature del patrimonio.

«L’inchiesta – ha detto il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho illustrando i particolari – conferma l’interesse strategico della ‘ndrangheta, in questo caso dei Gallico, di trovare persone insospettabili cui intestare beni ingenti. I Gallico avevano cominciato da tempo a spostare le loro attività di riciclaggio a Roma, acquistando immobili e locali, affidando a Giovanni Iannino il compito di proteggere il loro consistente patrimonio. Iannino, un vecchio accoscato, si era da qualche tempo ‘inabissatò, ma le sue mosse non erano certamente sfuggite alle nostre osservazioni anche nella capitale grazie anche al supporto della squadra mobile capitolina. Abbiamo purtroppo verificato – ha concluso Cafiero de Raho – il coinvolgimento di persone apparentemente lontane da logiche criminali che con il loro perbenismo hanno però contribuito a rendere ricco il potente clan di Palmi».

L’indagine «è stata condotta in sinergia con la mobile di Roma, tenuto conto che Iannino aveva ormai assunto il ruolo di “specialista” in riciclaggio dei beni dei Gallico», ha detto il questore di Reggio Guido Longo affiancato dal dirigente della mobile Gennaro Semeraro, dal suo vice Francesco Rattà e dal dirigente del Commissariato di Palmi Fabio Catalano. L’attività investigativa si è incentrata prevalentemente sulla figura di Giovanni Iannino, 59 anni, storico affiliato alla cosca, condannato per associazione mafiosa con sentenza passata in giudicato. L’uomo, anche dopo la condanna risalente agli anni novanta, secondo l’accusa, ha continuato a far parte della consorteria, anche con il ruolo di prestanome. Ed è proprio seguendo le dinamiche che hanno connotato le sue condotte che sono stati individuati ulteriori beni. L’inchiesta si è avvalsa di numerose intercettazioni ambientali e telefoniche e delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, oltre che di accertamenti documentali e bancari. 

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