X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

Ingente sequestro di beni, mobili ed immobili, per un valore di trenta milioni di euro, da parte della Dia di Reggio Calabria ad un imprenditore di Gioia Tauro, Marcello Fondacaro, di 52 anni, indicato dagli investigatori come espressione della cosca Molè della ‘ndrangheta.
Il sequestro, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda, consiste nel patrimonio aziendale e nelle quote di cinque società; alcuni terreni edificabili; quattro appartamenti e varie disponibilità finanziarie aziendali e personali.
L’imprenditore è un medico chirurgo da tempo domiciliato ad Ardea (Roma), il quale era stato condannato a 7 anni di carcere, con sentenza del tribunale di Palmi (Rc) nel 2001, per associazione mafosa.
L’uomo è ritenuto appartenente al clan Piromalli-Molè ed è stato coinvolto nell’operazione «Tempo» del 1997. Dal 2002 al 2004 è stato sottoposto alla sorveglianza speciali. La Dia gli ha sequestrato 5 società con sede ad Ardea ed a Mazara del vallo (Trapani). Tra queste ci sono case di riposo ed un laboratorio di analisi con sede a Roma ed ad Ardea (Rm), convenzionati con la Regione Lazio, tra i beni per un valore di trenta milioni di euro sequestrati dalla Dia di Reggio Calabria a Marcello Fondacaro, di 51 anni.
«Fondacaro – ha dichiarato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino – è un personaggio particolare. Può essere definito un vero elemento di cerniera tra gli affari puliti e gli interessi sporchi della cosca Molè di Gioia Tauro. Il fatto che le sue strutture sanitarie fossero convenzionate con la Regione Lazio ha consentito a Fondacaro e ai suoi soci di trarre beneficio per molti anni da queste attività parasanitarie. Fondacaro è un autentico colletto bianco, esponente di quella zona grigia di cui la ‘ndrangheta si serve per gestire le proprie attività economiche legali».
Secondo Prestipino, inoltre, «Fondacaro è un medico disponibile poichè è stato accertato che per conto della cosca Molè avrebbe contattato in alcune occasioni suoi colleghi per sollecitare perizie di comodo finalizzate a favorire la scarcerazione anticipata di esponenti della ‘ndrangheta, come il boss di Gioia Tauro Antonino Molè, padre di Rocco Molè, ucciso a Gioia Tauro il primo febbraio del 2008 durante la fase cruenta dello scontro per il controllo del territorio con la cosca Piromalli. Con questa operazione si è contribuito in maniera efficace alla disarticolazione economica di una delle più potenti cosche della ‘ndrangheta».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE